Firenze – La città reale entra nel teatro con la sua gente e con la sua colonna sonora di voci, grida di bimbi, rumori, suoni e frastuoni. Qui la scena ci porta all’Isolotto, nel grande spiazzo dove bambini e adulti sostano e giocano, mescolandosi fra di loro. Non esistono né differenze di età né forme di discriminazione. Tutti insieme con le loro storie belle o dolorose che restano sullo sfondo di momenti sereni di socialità. Prevale solo la spontaneità che nasce dal piacere dell’essere in comunità.
Cosa c’è dietro questa spontaneità? Chi sono davvero gli attori di questa vita di vicinanza? A raccontare storie per riflettere con il pubblico su come è cambiata la famiglia alla fine del primo ventennio del Duemila è un progetto di teatro di partecipazione che in questi giorni è andato in scena al Teatro cantiere Florida nell’ambito del Festival Materia Prima, rassegna di teatro contemporaneo alla quale dà vita ogni anno la compagnia Murmuris diretta da Laura Croce, Laura Bosi e Francesco Migliorini.
Il tema scelto quest’anno è la famiglia e “Family Affair” del collettivo bolognese Zimmerfrei fondato da Anna de Manincor, Massimo Carozzi e Anna Rispoli, è stato il primo evento con la partecipazione di un gran pubblico di persone di tutte le età. Nessuna sorpresa, dal momento che il gruppo ha coinvolto otto famiglie del quartiere dell’Isolotto per mettere a punto una performance di video e testimonianze che racconta dal vero come sono cambiati i rapporti familiari, che cosa trasmettono i genitori ai figli, come sono evoluti i rapporti affettivi di fronte sia ai mutamenti interni alla società contemporanea, ma anche di fronte a eventi epocali come la pandemia.
Torniamo sulla scena. Tre concetti base della regia rendono la performance di attori non professionisti che parlano di se stessi uno spettacolo tutto da godere. Intanto l’incessante presenza dinamica di tutti i protagonisti rappresenta il contesto popolare collettivo di ciò che essi raccontano: qui si parla di noi ma anche di voi, si parla della città e dei suoi cittadini. Poi l’interazione rovesciata fra l’immagine sullo schermo dei singoli personaggi dei quali viene raccontata la storia e coloro che dal vivo la raccontano. I primi sono silenziosi, immobili con gli occhi chiusi. Sono i familiari che raccontano in prima persona, come se fossero loro a parlare.
Geniale l’idea delle bambine che in modo straordinariamente persuasivo e spontaneo parlano dei problemi e delle difficoltà della convivenza di genitori e nonni. Razionalizzazioni e mediazioni complicate escogitate per tenere unita la famiglia diventano nelle loro voci in realtà assai meno gravi e meno difficili da superare se c’è la volontà e il sentimento per farlo. Attraverso il riso e l’approvazione, per gli spettatori sono stati momenti quasi di catartica liberazione.
Lo spettacolo si chiude con un viaggio notturno attraverso la città sullo schermo e una bella nostalgica canzone cantata con la chitarra da Karla Jessica Reyes Villegas . La sua contrastata storia di amore con Alma Laura Hernandez Luja è stato uno dei momenti più intensi della performance. Ciò che resta nello spettatore è l’esperienza della forza che può avere il teatro quando riesce a raccontare la vita vissuta oggi e vicino a noi usando tutta la creatività e gli strumenti che mette a disposizione. Non è un reality più o meno posticcio: è sentirsi tutti accomunati nei problemi dell’umanità in cammino.