Teatro: don Milani a San Miniato, la parola che salva

Firenze – Inquadra su tutti una figura “eccentrica e non riconciliata” del nostro Novecento come quella di don Lorenzo Milani, la Festa del Teatro di San Miniato. Che arriva a quota 71 edizioni. Il che ne fa il più antico festival di produzione d’Italia. A promuoverlo e organizzarlo dal lontano 1947 è l’Istituto del Dramma Popolare. Da allora molte cose sono cambiate, la manifestazione ha sì mutato impianto, tecniche di svolgimento e perimetri di indagine, ma non filosofia.

Nata all’indomani della guerra, in un momento decisivo per la ricostruzione, non solo materiale, del nostro paese, la Festa di San Miniato ha infatti interpretato, esplorato e messo in scena, anno dopo anno, con gli inevitabili alti e bassi, le traiettorie di un teatro che si guarda “dentro”, oltre la facciata della rappresentazione, inoltrandosi nelle pieghe della spiritualità e del divino: un teatro che sapesse parlare e affrontare i temi del sacro, ma fuori da ogni pregiudizio o schematismo confessionale preconcetto. Anzi partecipando a quel dialogo interreligioso, come prove aperte di conciliazione e avvicinamento, che il Concilio Vaticano II avrebbe fatto proprio.

Per una drammaturgia che non si ferma alla forma, che interroga le coscienze e invita lo spettatore a una riflessione sui grandi punti interrogativi che agitano l’animo l’umano. In questa prospettiva si colloca perfettamente l’edizione 2017, che nell’arco di un mese, dal 26 giugno al 26 luglio, in sei tappe, quanti sono gli appuntamenti in cartellone, con la direzione di Masolino D’Amico, si affida al “verbo” come àncora di salvezza.

Una parola adulta e sensibile, che spiega, consola, cementa, seduce, turba e se necessario crea scandalo. Una parola infine, ma soprattutto, che sa dire la verità. Anche scomoda e conflittuale. Come lo era appunto quella di don Milani, il priore di Barbiana, di cui ricorrono i 50 anni dalla morte. E al quale è dedicato lo spettacolo clou del festival, “Vangelo secondo Lorenzo”, di Laura Perini e Leo Muscato (che firma anche la regia), prodotto insieme a Arca Azzurra, Elsinor e Metastasio di Prato, che il 23 luglio (repliche fino al 26) debutta nella chiesa di san Francesco, dove la Festa ebbe inizio tenendo a battesimo “Assassinio nella cattedrale” di Eliot, diretto da Giorgio Strehler.

Lo spettacolo ripercorre i due momenti cruciali della vita sacerdotale di Lorenzo: l’esperienza a San Donato di Calenzano e gli anni dell’esilio a Barbiana, un grumo di case sul Monte Giovi, destinato a diventare un laboratorio di “buone pratiche educative”, che attirerà l’attenzione di intellettuali, politici e accademici. Tutti a Barbiana a curiosare cosa stesse accadendo. Era un nuovo linguaggio, un diverso metodo di apprendere quello che scaturiva da quelle aule fuori dal mondo, dove si studia tutto il giorno, non ci sono pause ricreative, non ci sono voti e i più grandi insegnano ai più piccoli.

La parola che salva è pure il perno del titolo di apertura, “La cura” (26/6), novità di Gherardo Vitali Rosati (anche regista), e dell’altra prima, “Note di Toscana: diario di un moderno viaggiatore antico” di e con Francesca Breschi e Vincanto. Completano il cartellone “Dialoghi degli dei” di Massimiliano Civica e I Sacchi di Sabbia, “Leila della tempesta” di Ignazio De Francesco, “Il viaggio del piccolo principe”, libero adattamento in forma musicale di Mario Costanzi da Saint-Exupéry. Info e programma completo www.drammapopolare.it

 

Foto: a destra Alex Cendron che interpreta la figura di don Milani

 

 

 

 

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