Firenze – Lo dice la Cgia di Mestre: per gli operai italiani, il giorno in cui (quest’anno) hanno smesso di lavorare per il fisco, vale a dire in cui cominciano a considerare gli introiti del loro lavoro al netto delle spese fiscali, è caduto ieri 13 maggio. Con un giorno di anticipo rispetto al 2014, dopo 132 giorni lavorativi, dal 13 maggio potranno festeggiare il giorno di liberazione fiscale.
A fare il calcolo è stato l’Ufficio studi della Cgia, che ha preso in esame il reddito disponibile di un operaio tipo (con moglie e figlio a carico e uno stipendio mensile netto che con il bonus degli 80 euro sale a 1.631 euro) e lo ha suddiviso per i 365 giorni dell’anno, ottenendo così il guadagno medio quotidiano. Dopodiché “si è proceduto considerando l’ammontare delle imposte, delle tasse e dei contributi “gravanti” sul reddito e sui consumi che questo contribuente tipo versa allo Stato (pari a 9.627 euro), suddividendolo per il guadagno giornaliero. Il risultato di questa operazione (pari a 132 giorni) individua nel 13 maggio la data a partire dalla quale questo operaio tipo lavorerà per sè e non più per il fisco”.
E sebbene si tratti, come sottolinea la Cgia di Mestre, di un “puro esercizio teorico” tuttavia serve a dare un ‘immagine, seppure grossolana, di quanto pesa il fisco sul lavoro degli italiani.
Detto ciò, la Cgia propone qualche rimedio. Ad esempio, secondo quanto spiega il segretario Giuseppe Bortolussi, “contraendo in maniera strutturale la spesa pubblica improduttiva possiamo ridurre anche le tasse. Per far questo è necessario riprendere in mano il federalismo fiscale che, a mio avviso, è l’unica strada percorribile per raggiungere questo obbiettivo. Infatti, le esperienze europee ci dicono che gli stati federali hanno un livello di tassazione ed una spesa pubblica minore, una macchina statale più snella ed efficiente ed un livello dei servizi offerti di alta qualità”.
Quest’anno tuttavia il tempo dedicato al lavoro per “pagare le tasse” ha subito la contrazione di un giorno rispetto all’anno passato. Un fenomeno, spiega ancora Bortolussi, che è stato reso possibile dalla legge di Stabilità 2015, in cui il bonus mensile degli 80 euro è stato reso permanente. “Rispetto al 2014 – ricorda il segretario della Cgia – il guadagno netto annuo è di 320 euro. L’anno scorso, infatti, questa misura di alleggerimento fiscale ha esperito i suoi effetti solo a partire dal mese di maggio, quest’anno, invece, dal mese di gennaio. Va altresì segnalato che dal 2015 c’è una lievissima riduzione delle accise sui carburanti, pari a 0,24 centesimi al litro, che diventano 0,29 se si considera anche il risparmio Iva”.
Invece, gli impiegati con redditi superiori ai 24.000 euro dovranno attendere fino al 23 giugno l’avverarsi del loro tax freedom day. Tutto dipende dal famoso bonus degli 80 euro: non beneficiandone, questi lavoratori dovranno lavorare per il fisco italiano per 173 giorni.
Manca ancora un ultimo dato, come sottolinea l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre: sul calcolo del giorno di liberazione fiscale 2015 pesa infatti l’incognita della tassazione locale, riproposte, nella simulazione da cui provengono i dati esposti, nelle medesime aliquote utilizzate per il 2014. Un ascelta fatta a priori per mancanza di informazioni precise, e che potrebbe invece vedere, di fronte a esigenze di bilancio dei Comuni, aumenti della Tasi, dell’addizionale Irpef o dell’Imu.
Infine, a pesare sono anche le clausole di salvaguardia, in particolare quelle previste dalla Legge di Stabilità 2015: “si ricorda, infatti, che se la Commissione europea non approverà le nuove regole in materia di fatturazione verso la pubblica amministrazione (split payment) e verso la grande distribuzione (estensione del reverse charge), per reperire 1,7 miliardi di euro è previsto l’aumento delle accise sui carburanti”, mette in guardia l’associazione di Mestre.