E’ esplosa ieri mattina, con 31 perquisizioni sparse in tutta Italia, la maxi inchiesta della Procura di Firenze sulla realizzazione del nodo fiorentino della Tav i cui lavori, attualmente in fase preparatoria, dovevano partire a breve.
Numerosi i capi d’accusa: corruzione, associazione a delinquere, gestione abusiva di rifiuti e truffa, per dirigenti delle ferrovie, funzionari e tecnici del ministero delle Infrastrutture.
Due i filoni di indagine: uno relativo ai reati ambientali, per lo smaltimento dei fanghi, l'altro alla sicurezza, con specifico riferimento ai materiali usati come copertura delle gallerie, che per disposizione europea dopo il disastro del Monte Bianco, devono garantire resistenza al fuoco e al calore. Sequestro quindi per i materiali realizzati con prodotti scadenti e non a norma, così come per la maxitrivella “Monna Lisa” che avrebbe dovuto scavare i due tunnel da e per Castello e che sarebbe stata montata, almeno in parte, con pezzi non originali e quindi non idonei a sostenere le pressioni dello scavo.
Il filone sui reati ambientali si concentra invece sullo smaltimento di migliaia di tonnellate di fanghi prodotti dagli scavi che, secondo i magistrati e gli investigatori del Ros e del corpo forestale, sarebbero stati in parte scaricati nelle falde acquifere oppure fatti passare come meno inquinanti di quanto non siano e quindi conferiti in discariche non adeguate.
Tutto perché le ditte appaltatrici potessero abbattere i costi e grazie alla collaborazione fra dirigenti delle società appaltanti Italferr e Rfi, funzionari del ministero dell'Ambiente e dell'autorità di vigilanza delle opere pubbliche, dirigenti dell'unità dimissione del ministero delle infrastrutture e delle ditte che hanno ricevuto in appalto i lavori.
Il Ministero delle infrastrutture e il Gruppo Fs hanno già avviato indagini interne e considerano Rfi e Italferr parti lese. La presidente di Italferr, Lorenzetti si è dichiarata estranea alle accuse e la ditta Coopsette sostiene di aver sempre lavorato ''in piena correttezza''.
Intanto, mentre in ambito nazionale le forze politiche già si muovono, a livello locale non mancano gli scontri. Il presidente Rossi ha chiesto di separare l'accertamento delle eventuali responsabilità penali dalla necessità di completare l'opera. “I lavori per la Tav devono essere ripresi al più presto possibile. – ha detto – Il fatto che siano bloccati vuol dire che ci sono 300 lavoratori che non lavorano. Il problema è che ci sono accuse pesanti sul cantiere: è bene che siano verificate, ovviamente, e che poi si riprendano in condizioni trasparenti, di sicurezza e di garanzia quanto prima i lavori”.
Di parere opposto i comitati e movimenti anti-tav, riuniti stamani in una conferenza stampa, che ritengono l’azione della magistratura una buona notizia, visto che da anni denunciano l’illegittimità in ambito ambientale dei cantieri per la mancanza della Via (valutazione di impatto ambientale). “Fermare tutti i cantieri dell’Alta velocità a Firenze, compreso quello della stazione Foster. – ha detto Ornella De Zordo di Unaltracittà – Allo stesso tempo vanno finalmente fatte tutte le verifiche, anche in sede amministrativa: tutti gli allarmi sulle irregolarità che sono stati più volte avanzati non hanno mai avuto un serio ascolto nelle istituzioni”.
“Chiediamo che vengano fermati i lavori del sottoattraversamento Tav di Firenze, non solo per i tempi dell’inchiesta della magistratura. – ha aggiunto Sandro Targetti del comitato No Tav – Per fermare questo progetto e riconvertirlo profondamente prendendo in considerazione il progetto che da anni abbiamo presentato del passaggio in superficie e del rilancio del trasporto metropolitano”.
L’unica soluzione è non fare i tunnel e valutare altre soluzioni che avrebbero ugualmente ricadute occupazionali, secondo Targetti, ma il problema è politico. “Rossi, Renzi, Barducci, Moretti, hanno sempre difeso quest’opera. Noi chiediamo le dimissioni di questi personaggi perché è fallito un sistema”.
Richiesta ribadita da Ornella De Zordo, anche se con sfumature diverse. De Zordo, che ha rivendicato il ruolo delle associazioni sull’avvio dell’inchiesta, ha detto: “Gli enti locali vanno inchiodati alle loro responsabilità. E’ il sistema che è marcio e va cambiata la legge nazionale sugli appalti”. Perché la legge attraverso il general contractor non consente controlli ma “gli enti locali, sapendo che le norme sono opache, si sono ben guardati dall’attivare qualsiasi sistema reale di controllo”. Non era possibile fare molto, ma almeno si poteva non far scadere l’Osservatorio Ambientale e ascoltare i dirigenti e i tecnici che ponevano problemi reali.
Intanto le associazioni meditano di costituirsi parte civile, da valutare sui riscontri oggettivi che emergeranno. “Ci hanno sempre trattato come visionari, ora finalmente facciamo chiarezza”, hanno concluso.