Circa 93 miliardi di Euro. Tanto arriverà a costare l'intero progetto dell'Alta Velocità in Italia che, in partenza, doveva comportare una spesa di circa 14,5 miliardi . La denuncia è di Ivan Cicconi, uno dei massimi esperti di appalti del paese, autore de “Il libro nero dell'Alta Velocità”. Chiamato a dibattere dal gruppo consiliare per Unaltracittà per discutere di debito pubblico ed enti locali in Palazzo Vecchio, il presidente della Stazione Appaltante della regione Calabria si concentra sulla questione a lui più cara, quella dell'architettura finanziaria della Grande Opera. Dito puntato contro i sistemi di finanziamento e appalto della Tav, rispettivamente chiamati “project financing” e “general contractor”. “La madre di tutte le bugie” – Così la definisce nel suo libro e così la ribadisce di fronte ai giornalisti. La modalità con cui l'Alta Velocità è stata finanziata in Italia, il project financing, è – secondo Cicconi – «La madre di tutte le bugie». Perché? Spiega Cicconi: «Quando nel 1991 è stato presentato il progetto Alta Velocità (con delibera delle FS n° 971, ndr) ci hanno raccontato che esso sarebbe stato finanziato per il 60% da privati. In realtà, questo finanziamento non c'è mai stato».
La società a capitale misto che è stata fondata appositamente dalle Ferrovie dello Stato con l'incarico di costruire l'Alta Velocità è la famosa TAV SpA, la quale ha attivato i prestiti per conto dei privati, riferisce Cicconi, «con garanzia totale dello Stato. I debiti e i prestiti attivati verso le banche per il 60% privato in realtà erano debiti pubblici garantiti dallo Stato, presente in TAV SpA tramite FS». A suffragare l'ipotesi di Cicconi è stato direttamente l'attuale presidente della regione Liguria Claudio Burlando, il quale ai tempi del primo governo Prodi ammise in un convegno sulla mobilità svoltosi a Milano nel marzo del 1998 che «quando siamo andati a vedere abbiamo constatato che era una cosa falsa, è bene che si sappia che è finita la quota pubblica del 40%, mentre il 60% dei privati non si è mai visto».
Il problema del general contractor – Altro responsabile della vertiginosa lievitazione dei costi, sempre secondo Cicconi, è il sistema con cui sono stati affidati gli effettivi lavori di costruzione dell'Alta Velocità, quello del general contractor, nato proprio nel 1991 in occasione del progetto AV ed istituzionalizzato nel 2001 con la c.d. Legge Obiettivo. Con il sistema del general contractor il committente, ovvero TaV SpA, trasferisce tutti i suoi poteri (pianificare, progettare, realizzare, controllare i lavori) al contraente generale. «Essendo retribuito al 100% dal committente, il general contractor ha tutto l'interesse a far durare molto e a far costare tantissimo la costruzione dell'opera». Inoltre, vedendosi accreditato anche il controllo dei lavori, il general contractor di fatto controlla sé stesso, avendo avuto nel caso della Tav secondo Cicconi «scarso interesse nel controllare ma molto nel far lievitare i prezzi».
Bologna-Firenze, sottoattraversamento e stazione Foster – Il risultato del general contractor, insiste Cicconi, «è nei dati che nessuno ormai può contestare. I contratti affidati nel 1991 sono lievitati del 400% e nel caso della Firenze-Bologna del 500%. In tutto, da 28.000 miliardi di Lire siamo passati a 180mila miliardi». La Corte dei Conti ha parlato nel 2008 di una «rottura del patto intergenerazionale» per i debiti accumulati con il sistema ad Alta Velocità. Una rottura che a livello di costruzione pratica sta andando avanti, con il sottoattraversamento di Firenze e la stazione Foster. A questo proposito Cicconi ha ricordato che «siamo l'unico paese al mondo che sta realizzando una stazione dedicata per l'Alta Velocità, che è una contraddizione di termini, perché essa avrebbe dovuto essere integrata al 100% con le stazioni fiorentine di passaggio». Consigliata probabilmente dal «comitato per i nodi dell'Alta Velocità, costituito nel 1992 dall'a.d. FS Lorenzo Necci, e formato tra gli altri da Susanna Agnelli e dall'Architetto Renzo Piano, essa rappresenta solo un affare non funzionale alla mobilità: un centro commerciale».