Firenze – L’ex-premier Renzi ha, nei mille giorni al timone dell’Italia, abbassato le tasse? Secondo i dati forniti dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, parrebbe di sì, però … Però, i ricercatori dell’associazione veneta rilevano una “dimenticanza”. Vale a dire, secondo quanto diffuso, sembra davvero che Matteo Renzi abbia dimenticato il popolo delle le partite Iva.
Andando ai conti, secondo i calcoli dell’Ufficio Studi, il calo delle tasse, in misura strutturale, andrebbe conteggiato per oltre 21 miliardi di euro. Ma sembrerebbe che questi benefici fiscali abbiano interessato alcune precise categorie professionali, fra cui i lavoratori dipendenti e le imprese e fra quest’ultime soprattutto quelle di medio-grande dimensione. Per le partite Iva, che in Italia sarebbero poco meno di 3 milioni, per lo più artigiani, commercianti e lavoratori autonomi senza dipendenti, i benefici sarebbero inconsistenti se non nulli.
Andando ad analizzare i meccanismi di defiscalizzazione introdotti da Renzi, la Cgia precisa: “Le principali misure di riduzione del carico fiscale introdotte dall’ex premier Renzi sono state 4: a) il bonus di 80 euro: la misura costa all’erario quasi 9 miliardi di euro l’anno ed interessa oltre 11 milioni di lavoratori dipendenti con retribuzioni medio-basse; b) l’eliminazione dell’Irap dal costo del lavoro: l’operazione ha ridotto il costo del lavoro di 4,3 miliardi di euro l’anno. L’operazione, ovviamente, avvantaggia le imprese con più dipendenti. Non godono di alcun beneficio il 78 per cento delle imprese individuali e dei lavoratori autonomi e il 52 per cento delle società di persone; c) l’abolizione della Tasi ha consentito alle famiglie di risparmiare 3,5 miliardi di euro l’anno. Dei 19,6 milioni di proprietari di prima casa che hanno beneficiato di questo sgravio, il 90 per cento circa è costituito da operai, impiegati e pensionati. Solo il 10 per cento circa da imprenditori, liberi professionisti o autonomi; d) riduzione Ires: con l’abbattimento dell’aliquota dal 27,5 al 24 per cento, le oltre 700 mila società di capitali interessate risparmiano 3,9 miliardi di euro l’anno. Questa misura non riguarda le piccole-micro imprese (ditte individuali o società di persone)”.
Non solo: anche le ulteriori e più leggere misure introdotte per ridurre le imposte, non sono andate a intaccare il peso del fisco sulla schiera delle partite Iva: l’esenzione dell’Imu sui terreni agricoli riguarda i coltivatori diretti (titolari dei terreni), che si sono visti diminuire il peso fiscale di 120 milioni di euro, come a vantaggio dello stesso settore va l’abolizione dell’Irap in agricoltura (sgravio da 196 milioni di euro). Infine, l’abolizione dell’Imu sugli imbullonati, spiega la Cgia, è misura ” a vantaggio quasi esclusivamente delle medio-grandi imprese (valore pari a 530 milioni di euro)”.
“Se dal 2011 avevamo subito un costante aumento del prelievo fiscale, a partire dal 2014 si è invertita la tendenza – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – anche se la stragrande maggioranza dei benefici introdotti dal governo Renzi non ha interessato il popolo delle partite Iva. Ancora una volta la lobby sindacale/confindustriale e l’insensibilità della classe politica di questo Paese hanno prevalso sugli interessi dei piccoli produttori. Su quel mondo di lavoratori autonomi, costituito in particolar modo da ex operai, da giovani free lance e da liberi professionisti, che inspiegabilmente continuano a non ricevere alcuna attenzione ai loro problemi”.
Tuttavia, qualcosa è stato fatto anche per alleggerire la fiscalità che pesa sui piccoli produttori; ma in modo, dice Cgia, assolutamente insufficiente. “Gli unici interventi a vantaggio dei piccoli produttori hanno riguardato un credito di imposta del 10 per cento dell’Irap per le aziende senza dipendenti, l’incremento delle deduzioni forfetarie della base imponibile Irap, la riduzione dell’Inail e del diritto camerale – precisa la nota – una contrazione che è stata più che compensata dall’aumento dei contribuiti previdenziali avvenuto in questi ultimi anni a seguito delle disposizioni previste dalla riforma previdenziale realizzata dal Governo Mont”.
Tirando le fila e grazie alla simulazione compiuta dall’Ufficio Studi dell’associazione veneta, da cui emerge che la pressione fiscale a carico di un idraulico senza dipendenti con un reddito di 35.000 euro l’anno sfiora ormai il 51 per cento, si può dunque affermare che per il popolo delle partite Iva, il fisco continua a mangiare la metà o poco più dei suoi ricavi. Ciliegina sulla torta, “va altresì ricordato – conclude il segretario della CGIA Renato Mason – che a partire dall’anno di imposta 2016 il Governo Renzi ha introdotto anche per le piccolissime imprese e per gli autonomi in contabilità ordinaria la nuova Iri, che prevede una tassazione fissa al 24 per cento, e il regime per cassa per le attività in contabilità semplificata. Misure che, comunque, presentano degli aspetti applicativi da chiarire che in molti casi potrebbero pregiudicarne addirittura la convenienza”.