Firenze – Necessità di garantire il rispetto del principio d’uguaglianza, sia formale che sostanziale. E’ questo il cuore della sentenza della Corte Costituzionale 44/2020, che ha posto nell’incostituzionalità la norma della legge sulla casa della Regione Lombardia che prevede, per l’accesso al bando delle case popolari, il possesso del requisito della residenza quinquennale, subordinando di fatto il diritto soggettivo alla casa alla presenza del requisito. Un limite insopportabile secondo la Corte, che “non è rivelatore di alcuna condizione rilevante in funzione del bisogno che il servizio tende a soddisfare”, ma che ottiene il solo risultato di sbarrare “l’accesso alla casa popolare a prescindere dalla situazione di disagio del richiedente”. La Corte ha anche sgomberato il campo da un altro punto critico, precisando che anche il requisito sostitutivo della occupazione per almeno un quinquennio nella regione non è giustificato, il criterio della residenza potendo al massimo “rientrare fra gli elementi da valutare in sede di formazione della graduatoria”, purché il punteggio attribuito in base alla residenza non sia preponderante.
Il problema non è meramente giuridico come potrebbe sembrare. Se ne accorge la Toscana, nella cui legge regionale sulla casa, la legge 2/2019, si ritrova il requisito della residenza quinquennale per l’accesso al bando Erp, bocciato dalla Consulta. A distanza di mesi, la modifica secondo la sentenza della Suprema Corte non è ancora stata attuata e sta producendo un effetto devastante per i Comuni per quanto riguarda l’uscita di nuovi bandi Erp, necessari tanto più in tempi covid. I Comuni sono infatti restii a farli, in quanto si esporrebbero alle impugnazioni di coloro che si avvalessero della sentenza 44/2020 per contestarne la validità. Un esempio del tutto calzante è il Comune di Firenze, che da tre anni non ha riaperto il bando Erp e che ad ora deve valutare il rischio delle (quasi certe) impugnazioni. Da sottolineare il fatto che, di fronte anche solo ad una (ma è prevedibile che sarebbero molte di più) eventuali impugnazioni, andrebbe rivista tutta la graduatoria, rimessi in forse i punteggi, insomma, di fatto sarebbero rimesse in discussione tutte le eventuali assegnazioni. Tutto ciò, con lo spauracchio della fine del blocco degli sfratti (la proposta recente di rinnovo della sospensione per scaglioni temporali, che tende a fare eseguire gli sfratti pre covid, che comunque a Firenze restano circa un migliaio, non cambia nulla nella situazione fiorentina) alle porte, che suggerirebbe di aprire in tempi stretti un nuovo bando Erp. Tirando le fila, il dubbio è che, vista la banalità dell’intervento giuridico (basterebbe infatti, seguendo il dettato della Corte costituzionale, adeguare la legge per quanto riguarda il punto della residenza quinquennale) e visto che ancora la Regione non se ne è occupata, il dubbio è che il vero nodo toscano risieda nella sfera politica, magari in termini di forze di maggioranza della giunta.
Sulla questione intervengono i sindacati degli inquilini, Sunia e Unione Inquilini. “Lo stallo della Regione è del tutto incomprensibile – dice Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia – tanto più che si sta parlando di una modifica dovuta dopo la sentenza 44/2020. Il mancato ottemperamento del dettato della Corte Costituzionale tiene in ostaggio i Comuni, che ovviamente non hanno nessuna voglia, nonostante l’emergenza abitativa che, causa Covid, è passata abbondantemente oltre un’ideale linea rossa, di mettere in atto bandi suscettibili di essere impugnati. Una posizione tanto più incomprensibile in quanto mette in una situazione inaccettabile sia le amministrazioni che si trovano di fronte a questo tappo, sia i cittadini, che stanno aspettando l’apertura del bando. Ci auguriamo che dalla Regione giunga una rapida soluzione del problema”.
“Sorpresa e rammarico per questa situazione di stallo che si è determinata su una vicenda che non deve essere riguardata sotto il profilo politico – commenta Pietro Pierri, segretario fiorentino dell’Unione Inquilini – trattandosi di vicende che devono trovare la loro soluzione in punto di diritto, posto che il giudice delle leggi ha espresso principi e orientamenti di estrema chiarezza. Sotto il profilo politico resta l’insoddisfazione e il danno per migliaia di cittadini che attendono di potere partecipare a bandi per l’assegnazione di alloggio pubblico che rispettino le norme così come chiarito dalla Consulta”. Conclude Pierri: “Il sindacato, in accordo con le altre organizzazioni e con i movimenti impegnati sul versante delle politiche abitative, si riserva ogni iniziativa anche di mobilitazione, non potendosi più accettare questa situazione”.