Dovrebbero essere listate a lutto le prossime, sventolanti bandiere che si accingono a costellare la kermesse del Pd provinciale al Campovolo, dove echeggiano ancora le rutilanti note del concertone ligabuiano. Là, nelle campagne di Gavassa, ad altissima vocazione agricola e cuore della locale padanità, il partito d’opposizione cercherà di indossare la tragicomica maschera di una festa in ballo per far scordare ai reggiani, almeno per qualche afosa serata a termine, la cruda realtà che li attende. Un Paese stremato dalla crisi, taglieggiato da tasse di ogni tipo, schifato dai privilegi delle caste e, attualmente, privo di classi dirigenti politiche in grado non certo di risolvere i giganteschi problemi atavici e d’orizzonte, ma almeno di instillare uno straccio di fiducia nel popolo governato. Vi immaginate i manager Iren (più pagati di Obama) che si commuovono alzandosi sulle note della “Canzone popolare” fianco a fianco con quei pensionati e cassintegrati che non si possono più permettere nemmeno il necessario per pagar loro le bollette?
Ecco perché vorremmo vedere, nelle notti pidiine, un bagno di sudore nell’umiltà e nella consapevolezza che oggi non c’è proprio nulla su cui far festa; ci piacerebbe pensare, a proposito dei big del partito pronti ad arringare dai pulpiti del Campovolo, ad una sfilata di musi lunghi non certo iniettanti facili e improbabili ottimismi ma sano realismo. Individuano nel sorriso a 64 denti del Premier una delle cause dell’infinocchiamento-imbarbarimento del clima etico-culturale italiano? Bene, piangano contriti e snocciolino continui “mea culpa” se, a fronte di cotanta vera o presunta nullità, non ci sia stato un’opposizione degna di questo nome. Chiedano scusa ai cittadini e si impegnino, ad elezioni eventualmente avvenute e magari pure vinte, a tagliare poltrone in Parlamento e privilegi annessi. A bandire bonus e indennità, auto-blu e appartamenti-pasti quasi gratis. Allora torneremmo a guardare a quell’area geografica, il gavassese appunto, con rinnovata attesa e anelante intensità.
Diviso tra ristoranti di grido e “low cost” (a prova di crisi?), l’anima più vera di FestaReggio rischia di restare anche quest’anno la multiforme ristorazione; con in più un sopraggiunto problema di classismo digestivo. E di parcheggio. Ma come? Non dovrebbe essere proprio questa un’occasione di confronto? Coraggio, sprovincializzarsi nonostante Correggio, lì a due passi, sembri una metropoli. E’ nel dibattito focoso tra contendenti che scatta la scintilla nei cuori e si accende la lampadina delle menti. Non nei comizi a (scarso) effetto stancamemte redatti dagli scribi di partito per strappare un fiacco applauso a platee sempre più deserte. Non nella solita litanìa ed esibizione di chi, attraverso le più disparate espressioni, ruota più o meno attorno alla medesima area 365 giorni l’anno, festivi inclusi. Perché la parata del Pd provinciale tende a trasformarsi nel trionfo della parcellizzazione di una vasta fetta di prato a beneficio di chi già orbita da quelle parti? Una vetrina ben poco democratica che esclude tutti e tutto quanto non faccia Pd? Vabbè anche questa edizione sarà andata così. Ma la zona prescelta è esotericamente ancor pregna dei recenti sogni di rock and roll gentilmente decibelizzati dall’Uomo di Correggio, non certo l’Allegri per intenderci. Così sognare è lecito, rispondere cortesia. Destarsi un optional, incacchiarsi un climax