Strumentaloso

paola bacchidduUn giorno, qualcuno in un futuro nemmeno tanto lontano deciderà che il nostro dizionario è sì chiaro ed elegante, ma per le nuove generazioni purtroppo inadatto, per carenza d’informazione, a essere di viatico nel tumultuoso mondo che si prepara per domani; almeno, a giudicare da quello che ci stiamo preparando oggi.
E così, forse, alla voce “Strumentalizzazione”, la Treccani riporterà oltre alla solita definizione (“Servirsi di qualcuno o di qualcosa, o anche di un evento, di un fatto, di una situazione, esclusivamente come mezzo per conseguire un proprio particolare fine, non dichiarato ed estraneo al carattere intrinseco di ciò di cui ci si serve”) anche valutazioni morali e pareri di indirizzo, tipo “ma che schifo però eh!”. Seguendo un po’ la stessa strada che ha seguito anche buona parte del giornalismo.
Anche esempi concreti, magari, che tanto non mancano di certo. Basta un appostamento di pochi minuti sui mezzi d’informazione per ottenere una quantità di casi di studio bastanti per anni. Qualsiasi tragedia, ad esempio, fa gioco. E che signor gioco. Poniamo ad esempio che un noto burino inqualificabile prenda e decida di mettersi ad offendere un passante che, per sua sfortuna, ha avuto il vezzo di voler nascere con una diversa valenza cromatica sulla tabella Pantone e che questi, spinto sicuramente a tale scelta da un genoma non naturalmente preposto ad incassare a vita offese gratuite da chicchessia, pigli e reagisca malamente, passando ai fatti o alle minacce; al che il burino di cui sopra si senta giustificato a chiudere la faccenda in maniera risolutiva. Pure troppo.
Perché se il proverbio dice gioco di mano, gioco di villano, un motivo c’è; e se rovini di botte qualcuno poi è difficile dire che non volevi arrivare a tanto. E fin qui; casi di umana rovina, nulla di inconsueto. Ma l’assiduità, la rapidità, la presenza con la quale tutti coloro che potevano avere un vantaggio dal mostrarsi affranti e scandalizzati si sono immediatamente dopo buttati a picco sulla carcassa ancora calda della disgrazia, invece, ha dello stupefacente. Per un fatto di sangue e di ignoranza che, spiace dirlo, ha purtroppo tanti epigoni, tutta l’Italia ha cominciato a farsi delle domande: siamo razzisti? Siamo pericolosi? Siamo messi così male? (La risposta è, in molti casì: sì, sì e sì).
Manifestazioni pubbliche di cordoglio, alti lai, prefiche, trasmissioni tv, condivisione di post, fasce nere al braccio, titoloni su giornali, facce tristi ai funerali, dichiarazioni di odio contro i razzismi e le intolleranze; a pochi giorni dall’incidente, questo è ancora ben vivo sui quotidiani e sui social network, ma quale azione positiva – leggi, efficace – ha portato in dote? A parte le molte dichiarazioni d’intenti politici e civili, s’intende. Poniamo poi che dopo pochi giorni – che dovizia! – due treni si scontrino frontalmente in Meridione calamitando l’attenzione di tutti i notiziari, curiosi, interessanti, dolenti di professione e persone dotate di sensibilità (la frazione minore del totale, chiaro) e gli italiani si scoprano all’istante oltre che poeti, santi e navigatori (e CT, e esperti di politica, economia, finanza, medicina, astrofisica, biologia molecolare, islamologia e molto altro) anche di ingegneria ferroviaria, di infrastrutture e comunicazioni.
L’intervento in campo di chi ha un parere in merito (tutti) e di chi vive per esprimerlo (un numero sempre maggiore di soggetti) è garantito endemico, la pervasività della notizia dell’evento totale, la cogenza delle informazioni in merito, estremamente scarsa, facendo la media tra il totale degli interventi e la qualità degli stessi. Più che altro, l’evento diventa un ottimo gancio per riempire le pagine altrimenti dedicate a fiacchi eventi internazionali, campagne elettorali quasi a riposo data la vicinanza dell’ombrellone e tutorial sul come vivere il caldo, oltre che ottima scusa per dare la stura ad una serie di regolamenti di conti tra amministrazioni, gestioni private e interessi privatistici locali e pubblici che sul binario italiano regolarmente si scannano in numero pari a quello degli angeli che ballano sulla capocchia dello spillo (forse anche qualcuno in più).
La relazione tra il fatto e la sua utilità è diretta, come si vede, ma non espressa secondo un concetto di utilità: ovvero, individuazione di un problema, soluzione, stop. Qui la catena è: notizia di uno o più fattacci, ficcare in pasto al pubblico, individuare ed orientare le risposte, utilizzare. E se fino ad ora abbiamo fatto esempi legati a sole disgrazie (ma ci sono migliaia di esempi, purtroppo: pensate agli attentati, mentre scriviamo queste righe va in onda sui social lo spettacolo degli utenti sui fatti di sangue di Nizza), in realtà il giochino funziona con qualsiasi notizia o fatto o dichiarazione in grado di calamitare per un poco l’attenzione del pubblico di uno o più media; gossip sulla papabile omosessualità di George Clooney, i vestiti atroci di Madonna, la dichiarazione pagliaccesca del politico alla berlina di turno, un gattino nato in Cina col naso all’insù, la morte di Bud Spencer, tutto fa brodo.
Persino la politica internazionale può essere sufficientemente emozionante da poter essere utilizzata in tal senso: basti pensare al grandissimo circo nato attorno alla questione della Brexit, un fatto che, pure interessante, ha unito e disunito tifoserie di tutta Italia con le stesse modalità e tensioni che si potrebbero accompagnare alla gestione di un derby Inter – Milan. A chi giova tutto ciò? Come al solito: a chi campa di informazione, specie se superficiale; a chi trae guadagno dalla permanenza sul Web e dal circolo dei click; ai tanti che vogliono capire in che direzione vanno ansie e paure del pubblico; e a tutti coloro che, una volta che c’è in gioco una emozione, poi hanno vita facile nel cavalcarla per portare l’animale un po’ dove gli fa più comodo. Perché un popolo che ragiona si orienta molto più a fatica di quello che si accalora.
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