La sofferenza e la malattia incombono sull’uomo. Sono parte dell’esistenza, sono una delle condizioni possibili di essere-nel-mondo e possono gravare seriamente sul nostro tempo vitale. È la irrisolta presenza del male, del negativo che suggerisce all’uomo sensazioni profondamente dolorose e misteriose, che lo sospingono nella sua affannosa ricerca di una spiegazione del dolore, verso proposte di vario ordine ed efficacia. Nell’uomo di oggi può sopravvivere un bisogno arcaico che continua a chiedere risposte che sono spesso troppo affrettatamente liquidate dalla scienza.
Intento di questa indagine (che trovate come articolo principale nel sito, ndr) è individuare alcuni atteggiamenti o credenze relative alla malattia, vissuti e trasmessi come semplici consuetudini sociali, oppure sviluppati come automatismi inconsci o ancora tenuti nascosti perché considerati devianti.
L’indagine si è limitata al lato terapeutico. Ho scelto cioè un tipo di manifestazione, quello dei «guaritori-segnatori», di quegli operatori di guarigione che, attraverso le loro tecniche terapeutiche hanno, come obiettivo primario, il corpo. Le pratiche analizzate sono quelle a tutt’oggi più in uso come la segnatura del “fuoco di S. Antonio (herpes zoster), le storte, il “colpo della strega” e la verminosi.
Il problema che si affronta in questo quadro è il nesso fra il perdurare della medicina tradizionale e la sua messa in opera soprattutto da parte di donne.
Agli occhi di molti non importa che l’operatore di guarigione sia la vicina di casa o un’altra persona e, soprattutto, non importa quale tecnica userà. Ciò che importa è l’efficacia del trattamento, anche solo sperata o immaginata.
Per la ricerca sul campo inizialmente la scelta si è rivolta al territorio da me più conosciuto di San Martino in Rio, Correggio e frazioni, in provincia di Reggio Emilia. Ciò ha avuto solamente valore esemplificativo, partendo dal convincimento che qualsiasi altra area-campione avrebbe, probabilmente, portato a conclusioni non dissimili, cioè alla scoperta di aspettative.
Per rafforzare tale principio, nell’aggiornamento: Le streghe buone: i simboli, i gesti, le parole: Come muta la medicina tradizionale nell’era di Internet, edito da Aliberti compagnia editoriale e che uscirà in tutte le librerie a settembre, l’analisi si è ampliata, umilmente, a livello nazionale, con la raccolta di dati e nominativi di guaritori-segnatori di altre regioni, alcuni conosciuti e frequentati personalmente, altri intervistati via internet: molti gruppi sono nati su facebook, all’interno dei quali si crea un rapporto diretto di confronto tra guaritore e guaritore oltre che tra guaritore e paziente.
In altri termini, ritengo che possono cambiare le tecniche di guarigione ma non il fine ultimo, che è quello di allontanare, esorcizzare il dolore e la malattia, attraverso tecniche che appartengono a conoscenze locali, particolari e accessibili.
Le pratiche terapeutiche prese in esame, rendono necessaria una nuova presa di visione del sistema di cura, che si presenta oggi con modalità ed espressività rinnovate, non semplicemente sopravvissute negli anni. Richiedono anche un esame della domanda di salute per l’individuo di oggi. Questa ricerca ha cercato cioè, di evidenziare i motivi salienti di un preciso mutamento culturale che parte da lontano. Vedere la cultura contemporanea come continuità di quella passata, non vuol dire in questo caso conservazione, bensì un’evoluzione che accorpa sopravvivenze, spinte originali e adattamenti.
In conclusione, questa ricerca sul campo, non ha inteso essere altro, oltre all’esposizione delle diverse tecniche di cura persistenti a tutt’oggi nel territorio italiano, che il tentativo di offrire una possibilità in più di lettura comparativa del divenire e della continuità nella diversità. La ricerca ha cercato di dimostrare che, nell’arco dei venticinque anni di analisi, con i quattro ritorni sul campo, la cultura si presenta quale entità mutante, massimamente, ma necessariamente mutante.
Non esiste una cultura più povera ed una più ricca, o un impoverimento storico dei valori culturali. Porsi nella posizione di chi intende i fatti della cultura come posti in una scala qualitativa, non può esprimere altro che un modo etnocentrico e astorico di intendere i fatti dei tempi. Vedere la cultura contemporanea come continuità di quella passata, non vuol dire in questo caso conservazione, bensì un’evoluzione che accorpa sopravvivenze, spinte originali e adattamenti.
Antonella Bartolucci