Valorizziamo il nostro erbazzone per dimostrare al mondo che non siamo più dei provinciali. Solo una provocazione? Forse no. E se fosse invece un’occasione?
“Dopo anni di eccessiva modestia, Reggio è pronta ad uscire dai propri confini per promuovere le sue qualità e portare nel nostro territorio quei visitatori che cercano i luoghi più belli del mondo”. Le dichiarazioni, pronunciate nei giorni scorsi dal presidente della nostra Provincia Sonia Masini in occasione di una conferenza sul marketing territoriale, rappresentano un chiaro e quanto mai esplicito invito a lasciarsi alle spalle quella sorta di “provincialismo” che annebbia il nostro territorio da tempo immemore, in modo da poterne valorizzare appieno tanto le risorse paesaggistiche quanto le eccellenze enogastronomiche.
Quello stesso provincialismo, per intenderci, che ha fatto sì che prodotti oggi noti e apprezzati a livello mondiale come il Parmigiano Reggiano o l’aceto balsamico abbiano conferito risonanza planetaria -nell’ordine- più a Parma e Modena che a Reggio Emilia. E questo sebbene si tratti di due prodotti che hanno le proprie radici nel nostro territorio.
Per quanto riguarda il nostro formaggio grana, nato e prodotto nella Val d’Enza (nel diciannovesimo secolo Bibbiano e le aree circostanti erano sotto la giurisdizione di Parma), è sempre opportuno ricordare come la carenza di raccordi stradali a Reggio abbia penalizzato la nostra provincia, avvantaggiando così la vicina Parma che già nell’Ottocento ne curava quasi per intero la distribuzione in tutta la Penisola.
Nel caso dell’aceto balsamico invece i più intraprendenti sono stati i nostri vicini modenesi. Ufficialmente nato nel 1500 (ma si dice che già nel dodicesimo secolo Enrico III lo ricevette in dono da Bonifacio, padre di Matilde di Canossa), il prodotto fu associato a Modena grazie soprattutto alla capacità produttiva del prodotto disposta dal Duca. Tuttavia è doveroso sottolineare il fatto che l’aceto balsamico sia nato nell’area pedecollinare compresa tra Albinea, Scandiano, Sassuolo, Maranello e Spilamberto.
Ma veniamo dunque al nostro “scarpazzòun” (erbazzone): in Italia esistono diversi tipi di torte salate a base di erbe, ma è possibile che già nelle province più vicine quasi nessuno sappia di cosa si tratta? La domanda è legittima: da quando sono ristoratore, mi sono reso conto di prima persona che la maggior parte dei “forestieri” non ne hanno mai sentito parlare. Tuttavia non c’è stato cliente che non sia rimasto colpito dalla sua bontà. Inoltre il prodotto, a base di spinaci e bietole, incarna appieno le peculiarità della tradizione gastronomica reggiana, semplice ma genuina, una tradizione non artefatta, in cui i prodotti hanno il sapore di ciò che sono. Il nostro erbazzone, tra l’altro, ha tutta una sua storia da raccontare: da semplice merenda pomeridiana arrivò in poco tempo nei tavoli di osterie e trattorie, riuscendo già nei primi anni del Novecento a ritagliarsi un ruolo da protagonista nelle gare scarpazzonesche organizzate in occasione di sagre e fiere.
Le eccellenze, dai vini alle offerte gastronomiche, a Reggio non sono mai mancate e di certo non mancano oggi: come conferire loro la visibilità che meritano? Se l’obiettivo è valorizzare la nostra enogastronomia, è giusto che il Parmigiano Reggiano faccia da traino e rivesta un’importanza centrale. Tuttavia, se da una parte è assolutamente necessaria una sinergia ben coordinata tra enti, produttori e ristoratori (dando vita a un marchio e ad un circuito interamente reggiano), dall’altra dovremmo capire l’importanza di “raccontare” il prodotto: tutti quegli aneddoti fino ad oggi custoditi quasi gelosamente, le storie e i segreti che negli anni ne hanno reso possibile la diffusione. Dovremmo mettere a disposizione anche degli altri quei profumi famigliari, quei ricordi piacevoli e fragranti che riaffiorano ogni qualvolta che veniamo a contatto con le vivande, fare in modo che l’offerta enogastronomica non si limiti ad accontentare il palato del consumatore, ma lo avvolga a tal punto che lo stesso si senta al centro di un’esperienza di vita unica e non riscontrabile altrove.