“Quando incontrate la cucina reggiana fate una riverenza”. Il pensiero, espresso un secolo fa dallo scrittore e gastronomo romagnolo Pellegrino Artusi e rivolto alla cucina emiliano-romagnola in generale, ancora oggi descrive in modo efficace la cucina reggiana, da considerarsi un autentico patrimonio della cultura gastronomica del nostro Paese.
E se è vero che le tradizioni culinarie si stanno progressivamente e inesorabilmente disperdendo, è altrettanto vero che nella nostra provincia esistono territori che custodiscono le proprie radici gastronomiche con la passione e gli ingredienti di un tempo. Territori come quello della Val d’Enza, ad esempio, proprio non ne vogliono sapere di abbandonare le caratteristiche e le tradizioni che l’hanno sempre contraddistinta: tra le verdi colline impreziosite dal profilo dei castelli e delle fortificazioni matildiche, esistono ancora luoghi dove è possibile respirare l’aria e i profumi di tempi lontani. L’offerta gastronomica infatti è corredata da tanti ristoranti e trattorie dove è possibile assaporare la pasta fresca, rigorosamente fatta in casa secondo le antiche – ma sempre valide – regole della vastissima cultura gastronomica.
La Val d’Enza ha la capacità di contagiare ogni visitatore fino a conquistarlo: questo, del resto, è quanto avvenuto con il sottoscritto, tanto da decidere di abbandonare la professione di giornalista per lanciarmi in quella di ristoratore presso la “Trattoria della Torre” di San Polo d’Enza insieme ai miei due soci Diego e Paolo, amici di lunga data e anch’essi in precedenza inseriti nel mondo del giornalismo. Una scelta di campo che non trova le sue radici nell’insoddisfazione del mestiere di giornalista, quanto più dagli stimoli offerti dalla possibilità di gestire con passione un’attività tutta nostra: un’esperienza che si è subito dimostrata inebriante, addolcita dai profumi di pasta all’uovo mescolati alle infinite eccellenze enogastronomiche del nostro territorio.
Le giornate frenetiche a caccia di notizie, alcune delle quali passate davanti a un freddo monitor da pc, sono state sostituite da quelle che oggi trascorro nella quiete della suggestiva piazza Sartori, all’interno del borgo medioevale, dove ogni giorno prepariamo la pasta all’uovo per i tortelli (proposti addirittura con otto ripieni differenti), ma anche per le tagliatelle, gnocchi di patate, crespelle e gli immancabili gnocco fritto e tigelle, da degustare con ottimi salumi. Un’esperienza che non deve mancare nel bagaglio di ogni buongustaio, che potrà rievocare i “tortelli della nonna” e tutti quei sapori che credeva perduti.
Ma anche i paesaggi sembrano non voler cedere il passo, contrastando quell’urbanizzazione – a volte selvaggia – che negli ultimi decenni ha radicalmente cambiato il volto della nostra provincia: il nostro basso e medio appennino esibisce tutt’oggi scorci rurali dalle asprezze geologiche intatte, sentieri e percorsi che riescono a rinnovare l’entusiasmo di escursionisti, appassionati e curiosi. Con l’arrivo della primavera, poi, il fiume Enza riesce a ritrovare i suoi colori più belli, offrendo svariati luoghi nei quali è possibile trascorrere le giornate immersi nella natura.
Senza dimenticare le varie (e variopinte) iniziative che sottolineano l’attaccamento verso le proprie tradizioni storiche: su tutte il Corteo Matildico, rassegna dalla risonanza mediatica nazionale capace ogni anno di attirare migliaia di spettatori, che puntualmente si lasciano conquistare dai rituali, dai costumi e dai colori di un tempo.