Firenze – Vi racconto di una donna buona, Ilaria, mia sorella, morta oggi all’età di 63 anni per un tumore cerebrale. E’ la storia di un destino che segna alcune persone e ne fa degli esempi di eroismo quotidiano, quello che resta nascosto nel frastuono dei media, ma è ben visibile per tutti coloro che hanno avuto la buona ventura di incontrarle.
Il destino di Ilaria è stato quello di combattere il male fisico, che mette allo scoperto la fragilità dell’umana esistenza, in particolare quello che ha ucciso suo padre e che alla fine ha portato via anche lei.
Ma non è stata una sconfitta, al contrario. Cos’è la lotta contro il male se non un modo di trasmettere il bene? L’Ilaria era la generosità, la vicinanza senza calcoli o infingimenti con tutti coloro che avevano bisogno di lei e ne richiedevano l’affetto. Una missione che si era data senza le legittime ambizioni di carriera ma solo nel bisogno di aiutare, dare cura, essere al servizio.
Laureata in medicina nel 1977 scelse la specialità della tossicologia, difficile e sperimentale, perché lei guardava all’essenziale. Seguì con passione le cose che diceva suo padre e cioè che al di là di tutti i discorsi e le dichiarazioni di intenti prima di tutto ci sono delle persone che la vita ha messo al margine.
Ed era con questa attenzione alle fragilità che si dava da fare per tutti anche per coloro che rifiutavano il suo aiuto. Nessuno alla fine le ha fatto del male. La difendeva la sua offerta disinteressata di amore e accoglienza, una specie di corazza che disarmava chi aveva pensato di farle violenza.
Scelse poi la medicina interna all’Ospedale di Ponte a Niccheri, ma dopo la morte del padre nel 1986 maturò progressivamente dentro di lei l’urgenza di combattere contro la malattia più crudele e annientatrice. Alla fine degli anni 90 scelse dunque l’oncologia: per 20 anni nei day hospital dell’Ospedale dell’Annunziata, di San Giovanni di Dio e di Santa Maria Nuova ha accolto chiunque le chiedesse aiuto con un grande sorriso e la disponibilità ad ascoltare a dare conforto ad accompagnare le terapie con l’affetto e la partecipazione.
Accanto ai sofferenti aveva trovato il compimento di quello che sentiva dentro. Stare accanto, distribuire amore. Non era stato forse il padre che aveva scritto nella lettera con la quale salutava i suoi collaboratori con cui al Tribunale dei Minorenni aveva lavorato per aiutare chi è debole e indifeso ricordando “un’era nella quale le frustrazioni erano tante , ma altrettanto intense erano le compensazioni derivanti dalla convinzione che ha un senso vivere se si riesce a seminare un po’ d’amore”.
Così quando ha saputo di avere la stessa malattia fatale di suo padre e di tanti suoi pazienti, l’Ilaria ha preso l’ultima grande decisione che la rende un medico nel senso più alto della parola: è diventata paziente di se stessa negli stessi termini e con le stesse terapie che ha tante volte prescritto, mostrando come si combatte il male, con coraggio e determinazione, anche con l’allegria perché il male può distruggere il tuo corpo ma tu lo vinci comunque con la consapevolezza di un essere umano unico, la cui vita è già essa stessa una sfida vinta contro l’infinita varietà degli ostacoli che la natura ti obbliga ad affrontare. Nessuna sbandata, nessun compromesso nessun trattamento privilegiato. Medico e paziente del resto lo era sempre stata nel momento in cui riusciva a identificarsi nel cuore e nella carne di chi chiedeva aiuto e sostegno.
Per questo sono innumerevoli le persone che le hanno voluto bene e continueranno a volerle bene. No, non era un destino era una vera vocazione per gli altri che si esprimeva in tutti i momenti della sua vita. Voleva che le persone fossero felici, non solo quelli dalla vita forte e ordinata soprattutto coloro dai quali aveva imparato sofferenza, disagio, dolore. Non bisogna scordarsi delle persone buone, bisogna tenerle care e, quando se ne vanno, bisogna averle vicine.
Nella camera dove ha passato le ultime settimane della sua esistenza si percepiva la presenza di tante, tantissime persone che la guardavano sorridenti: Cara Ilaria grazie per tutto quello che hai fatto per noi. Ti accogliamo dove potrai trovare la pace a tutte le inquietudini e avrai il premio per quello che ci hai dato.
Foto: Ilaria Meucci il giorno del suo matrimonio con Marco Nannini