La famiglia, tema con variazioni. Un po’ per esperienze personali, un po’ per ispirazione letteraria Maria Pia Perrino, pugliese di nascita, che ha percorso a Firenze la sua carriera professionale nell’Avvocatura regionale, ha puntato la sua riflessione su come mutano i rapporti e gli affetti negli ambiti familiari in questo primo quarto di secolo.
Lo fa con uno sguardo realista ma positivo, dove le persone, gli individui, con tutto il loro carico di illusioni perdute, di traumi emotivi, di insicurezze mai veramente superate, alla fine riescono a mettere a fuoco la ragione dei loro sentimenti e delle loro emozioni. Senza bisogno di crearsi fittizi succedanei o falsi idoli. Il segreto è quello di andare alla ricerca della sincerità dei rapporti, in qualche modo “spogliandosi” delle sovrastrutture imposte dall’esterno, invece accogliendo dentro di sé il flusso della vita con totale disponibilità, consapevoli che i colpi del destino si affrontano con la forza di relazioni forti, nelle quali circola la linfa dell’affetto.
Dopo l’esordio di “Finché vola l’aquilone” (2022), che ha incontrato il favore dei lettori e della critica, ecco questo secondo romanzo della Perrino, intitolato “Una famiglia leggera” (Scatole parlanti), che si potrebbe definire un racconto familiare “minimale”. Anche in questa seconda opera la protagonista è una donna, Rosa. Anche lei, come Bianca, eroina del primo libro, è una donna del sud che vive a Milano lontano dal sistema di rapporti e da tradizioni secolari. E anche lei deve affrontare una esistenza irta di difficoltà e delusioni. Tuttavia, mentre la seconda ha scelto la via più difficile per emanciparsi da una famiglia manipolatrice, Rosa è colpita dalla perdita del marito proprio quando si scopre in gravidanza.
Un incidente mortale spezza un amore, un’intesa, il progetto di creare una famiglia su basi paritarie. “La prospettiva era quella di una maternità solitaria”: Rosa supera lo sconforto prima grazie a Eva, la bambina concepita con Renzo, poi con l’aiuto di una coppia di amici, Arturo e Maria che le stanno vicini fin dal momento del parto. Con una progressione, che l’autrice descrive in modo convincente, fra di loro si crea “un flusso di tenerezza”, una solidarietà senza riserve. Anche grazie all’amore per la piccola.
Quel rapporto di parentela che ciascuno si trova come un dato reale e inevitabile qui si sostanzia con il prendere forza di affinità elettive assai più autentiche di quelle che si instaurano in una famiglia tradizionale. Il caso vuole che alla fine i tre ed Eva scelgano di convivere e si venga a creare quella “famiglia leggera” che dà il titolo al romanzo. Un legame che rimane solido con il passare degli anni nonostante le crisi, i nuovi rapporti, la fine della convivenza, le strade che si separano e la morte di uno di loro. “ Avevamo una famiglia fatta di estranei di sangue nel sangue, ma parenti nelle cose importanti della vita, come l’affetto, la protezione, il non sentirsi mai soli ”. Una situazione che non ha nulla a che vedere con le comuni alternative sperimentate degli anni della ribellione giovanile.
L’autrice è molto abile nel condurre il racconto sul doppio binario. Da una parte le famiglie tradizionali dei tre con relative separazioni, odi , nevrosi, ricatti morali soprattutto con la spinta perenne verso il basso del cinismo e della negatività. Dall’altra la comunità straordinaria che sono riusciti a creare e che alla fine si mostra più resistente e più in grado di sostenere sentimenti che sono l’argine vero alla disperazione. Perché il dolore è sempre in agguato e si insinua nell’anima come presagio di una fine che potrebbe presentarsi senza preavviso: “la vita con una mano ti toglie e con l’altra ti dona”. E come la sua sorella Bianca, anche Rosa sente che il dono ricevuto fa parte di una più ampia ricerca di assoluto che diventa esperienza religiosa.
“Una famiglia leggera“ è raccomandabile non solo per la fluidità e la sincerità della scrittura, ma anche per chi cerca di uscire dal cinismo e dal nichilismo che sembrano attanagliare le nostre società e che la famiglia tradizionale non riesce più a esorcizzare.