Una piazza dedicata a Steve Jobs e una sedicente rassegna internazionale che porta allo Spazio Gerra, un guru dei new media e altri nomi altisonanti per parlare di cultura partecipativa, riuso digitale, best practice. In una parola, di nulla. Va a finire che a forza di convegni e spot qualcuno creda davvero che Reggio sia diventata la capitale dell’hi-tech. Ma l’evocazione dello spirito del defunto fondatore di Apple, beatificato in vita e assurto a divinità post mortem, e i vaniloqui promossi dalla solita compagnia di giro servono solo a coprire il vuoto di idee e di progetti.
Però ci sono i workshop, i remix, la crossmedialità. Poi c’è Derrick de Kerckhove, il guru dei nuovi media, e allora la rassegna diventa subito internazionale. Da non perdere. D’altronde cosa ci si poteva aspettare da un iniziativa che si chiama Brain Runner? Cervelli in corsa che hanno partorito un’idea che rivoluzionerà per sempre i processi democratici e partecipativi: si chiama “Salva con nome” ed è un’installazione interattiva “che offre la possibilità ad ogni abitante di partecipare attivamente alla toponomastica della città”. In poche parole è un sondaggio per dare un nome alla piazzetta sul retro dello Spazio Gerra. Più internazionale di così…
Davvero non resta che pendere dalle labbra di Derrick (non l’ispettore, il sociologo) che stasera parlerà di remix come linguaggio e domani di best practice, di applicazione al territorio e ai servizi dei social network con il direttore generale del Comune Mauro Bonaretti.
A proposito, qualcuno ci spieghi che cos’è Reggio Emilia 2.1. Dopo un po’ di dj set, domenica e ancora il 27 e 28 aprile ci si ritrova a parlare di remix delle news, di citizen journalism, di mediattivismo. Un altro passo verso la sprovincializzazione arriverà dall’inititolazione di un luogo all’interno dell’area delle Ex Reggiane a Steve Jobs. Il motivo? Nel 1984, dopo che la Apple aveva acquisito la Iret, azienda reggiana divenuta distributore esclusivo per l’Italia, Steve Jobs venne a Reggio e disse amichevolmente che si sentiva come a casa, anche se era dall’altra parte del mondo.
Fuffa? Sì, in buona parte. Perché la verità è che sul digitale mancano investimenti, manca una strategia. E questo non lo diciamo noi, ma chi nel settore opera davvero. E’ vero, c’è la crisi e i soldi non sono tanti, però qualcosa di più al di là della pubblicità gratuita per se stessa la politica aveva il dovere di farlo. Un esempio? A Reggio manca un assessorato alle attività produttive e all’innovazione e le imprese non hanno nessun punto di riferimento. Manca un interlocutore politico che faccia da mediatore tra pubblico e privato, le aziende del settore sono state lasciate sole. Questo non deve stupire in una città dove per due decenni si è scambiato il progresso con la speculazione edilizia e la cementificazione selvaggia. E quante volte abbiamo sentito parlare della necessità di investire in conoscenza? A Reggio ci sarà il tecnopolo ma non un corso di laurea di informatica. Però si fanno i workshop.
Tirare due cavi per la banda larga e organizzare convegni che hanno alla fine come scopo finale l’offrire una vetrina alla politica non basterà a colmare il digital divide, per usare un termine di cui tanti oggi si riempiono la bocca.
g.m.