Stensen, informazione online: ne parlano De Biase e Pratellesi

Firenze – Uno dei settori che sono stati sconvolti da tutti i punti di vista dalla rivoluzione digitale è quello dell’informazione. Ed è un cosa ovvia, considerato che in pochi anni sono stati messi a disposizione degli operatori dell’informazione e dei loro editori i più potenti strumenti di comunicazione mai visti né ipotizzabili solo 20 anni fa.

Il giornalista può pubblicare il suo testo, la sua foto, la sua intervista audio, il suo video in uno spazio praticamente infinito e in un tempo che si avvicina sempre di più a quello reale. Basta uno smart phone o un tablet, se si vuole una camera digitale. E il lettore a sua volta può leggere queste informazioni nel momento stesso in cui sono state inviate sul proprio smart o tablet utilizzandole nei propri personali processi decisionali con una tempestività che nello stesso accresce la sua capacità di azione, ma che richiede anche una più grande abilità nell’avere un background e un contesto di riferimento per poterle capire e interpretare correttamente.

Il web ha trasformato di fatto le informazioni in “commodity”, materie prime il cui flusso ci avvolge quotidianamente senza che possiamo controllarle o sceglierle e, soprattutto, apparentemente in modo libero e gratuito.

Fatta la doverosa  premessa, tuttavia, questa meravigliosa esplosione del mondo della comunicazione e dell’informazione ha provocato un terremoto nel settore dell’editoria giornalistica e non ha affatto ancora dato vita a un nuovo sistema equilibrato fra sostenibilità economica e informazione giornalistica.

Degli aspetti critici degli effetti che la rivoluzione digitale discuteranno due fra i massimi esperti del settore dell’informazione online, i giornalisti Luca De Biase del Sole 24 Ore e Marco Pratellesi responsabile della Divisione digitale del Gruppo Espresso in un incontro che fa parte del percorso “Bit-Chip-Web” proposto dalla Fondazione Stensen. L’appuntamento è per sabato 16 gennaio alle ore 15,30 (viale Don Minzoni, 25r, Firenze).

La destabilizzazione produttiva finora è andata a vantaggio quasi esclusivamente dei maggiori colossi mondiali di Internet come Facebook e Google. Un vecchio business è finito, senza che ancora si sia riusciti a creare un modello che lo sostituisca. Di sicuro c’è solo che appare sempre più realistica la previsione dello studioso Philip Meyer che nel 2004 nel suo saggio “The Vanishing Newspaper” fissò all’inizio del 2043 il momento nel quale l’ultimo lettore del New York Times acquisterà l’ultima copia del quotidiano cartaceo.

Per ora sono pochissimi i casi di valorizzazione dell’informazione che hanno avuto una risposta positiva da parte del mercato, per il resto per lo più l’informazione sul web è gratuita e si regge in parte sulla pubblicità, che tuttavia non ha fatto registrare quel boom che molti avevano previsto.  Anzi, si arriva al paradosso che i siti gratuiti dei grandi media risultano uno dei fattori che sgretolano gradualmente i fatturati dei canali tradizionali.

Un dato per tutti. Nel giro di 23 anni le vendite dei quotidiani si sono ridotte del 45,3%, mentre dalle ricerche di mercato risulta che anche gli italiani che stanno recuperando il ritardo nell’uso del digitale preferiscono internet per leggere notizie su economia, politica ed esteri, con percentuali, rispettivamente, pari all’88%, 76% e 79%.  E’ naturale che sia così, in un mondo che viaggia a velocità sempre maggiori la notizia invecchia rapidamente e la sua vita si è totalmente svincolata dai tempi di produzione del quotidiano di carta.

Un altro effetto della rivoluzione web riguarda  il mestiere stesso del giornalista che non è solo quello dell’uso dei nuovi potenti strumenti, ma anche il contesto nel quale la sua notizia viene a collocarsi, quella che si potrebbe definire  la nuova società civile digitale.

Le sue fonti si sono moltiplicate all’infinito grazie ai social e agli archivi web di tutto il mondo, e il lettore, a sua volta, ha la possibilità mai posseduta prima di “check and  reacting” di controllo e reazione: ciò che uno scrive può essere capovolto, respinto, messo alla berlina, girato mille e mille volte fino alla condanna da parte della rete che apparentemente non ha effetti immediati, ma che costituisce un altro piccolo passo nella formazione della reputazione di ciascuno. Mettendo nel conto anche l’entrata in scena del “citizen journalism”, il giornalismo partecipativo di cronisti-testimoni non professionali ma mediatori di informazioni .

Presi dalla euforia dell’informazione totale non si deve dimenticare infine il fatto che quegli stessi strumenti che annullano tempo e spazio informativo sono anche in grado di produrre sofisticati falsi e tarocchi di ogni genere per cui vale anche qui, in ambiente web, la regola che la notizia cattiva scaccia quella buona.

 

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