Stein e Shakespeare: giochi di potere alla corte di Riccardo

Prato – Dire che non li dimostra è giusto per ricordarci che Peter Stein ha appena compiuto ottanta anni. E che lo attraversa ancora una energia inaudita. Così resta epico il lavoro sul Riccardo II di Shakespeare che ha aperto la stagione del Metastasio di Prato, teatro che funge anche da produttore.

A Riccardo II Stein pensava da molti anni. Un pallino. “Da quarant’anni – rivela – da quando mi interessa il discorso politico nel teatro. Riccardo II occupa un posto particolare nell’opera di Shakespeare, perché tratta esclusivamente della deposizione di un sovrano legittimo e pone interrogativi che sono alla base della politica, anche oggi: cosa resta della legittimità di un governante quando perde il potere? Il nuovo re non è un usurpatore? Una destituzione non è un attentato alle regole, non significa il sovvertimento di ogni ordine tradizionale? O non è, forse, il regno stesso a non avere basi legittime? Durante il suo regno Riccardo si è messo contro tutte le forze sociali, ha sfruttato il proprio potere in tutte le direzioni, è sconfinato oltre le proprie competenze, si è preso ogni libertà, anche sessuale. È un giocatore, un attore, ma pur sempre un re che, anche dopo la sua deposizione, rimane tale, mentre il suo rivale genera lo stesso meccanismo di ostilità contro il suo potere, poiché tale potere si basa sul puro arbitrio”.

In breve. Salito al trono da giovane Riccardo, secondo le regole della corte inglese, che di vipere era popolata, dovette difendersi dalle ambizioni di zii e nipoti. Riuscì a eliminarli. Ma non tutti. Alla lunga si guastò. Troppo sicuro di sé, divenne dispotico e di conseguenza impopolare. Perse il controllo dello Stato e alla fine fu spodestato da un cugino che aveva ingiustamente esiliato. I conti tornano? Lo spettacolo (tre ore e mezzo) è necessariamente impegnativo.

Non potrebbe essere altrimenti. Ma fissa le immagini, e le parole nella eloquente traduzione di Alessandro Serpieri, dentro una sorta di depistaggio accademico, con quel procedere metodico, ingordo e posticcio (le voci volutamente non italianizzate che riverberano distanza e distacco ma anche incongrue dissonanze), in un vortice di intrighi e tradimenti, machiavelliche macchinazioni e volgari compromissioni, mescolamenti e complicità da basso impero. Il capogiro scespiriano attrae ancora le trame della politica contemporanea? Dovrebbe essere.

Ma certo difficile, nella rapidità estrema dell’odierno, compulsivo evolversi dei giochi di potere, soggiogare alle pulsazioni dialettiche del Bardo, assaporarne i distinguo e stratificare i significati. La sua, di Riccardo, ragione di stato, qui meno che altrove, non diventa la nostra. Prevalgono le ragioni di una teatralità sì indocile (quindi contemporanea) ma mai complice. L’ossequio austero alla filologia e alla radicalità drammatica, non estranea a un certo compiacimento retorico (lavoro e lavorio senza tregua, parole d’ordine steiniane) toglie respiro e mortifica strada facendo la pur estrema dedizione degli interpreti.

Che, guidati da Maddalena Crippa in abiti regali (“Peter ha così voluto amplificare l’ambiguità di questa figura, che incarna un potere arbitrario e odioso: Riccardo II è una figura sconvolgente, ricca di luci e di ombre, un personaggio di grande spessore e emotività, ma anche di esuberante fragilità. Interpretarlo, anni fa, per me sarebbe stato proibitivo, ma adesso mi sento matura”) sfoderano virtù e spirito di gruppo. Sulla scena essenziale di Ferdinand Woegerbauer (costumi di Anna Maria Heinreich) salgono in quindici per ventidue personaggi.

Repliche fino a domenica 29. Poi in tournée con tappa al Manzoni di Pistoia dal 17 al 19 novembre. Info 0574 608501.

 

Foto: Peter Stein

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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