Pisa – Ripercorrere la storia di Stefano Gaj Tachè, balzato, o meglio rimbalzato, agli onori delle cronache dopo essere stato citato dal neopresidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di insediamento alle Camere, è doveroso. Anche per togliere un po’ di polvere dalla memoria di un episodio che, mai come oggi, con quanto sta accadendo in Europa (e non solo, se si pensa alla Francia) e in Medioriente, appare così vicino.
Il 9 ottobre 1982, nella Sinagoga di Roma si stava celebrando la festa dello Shemini’Atzeret, ovvero la celebrazione della fine del Sukkot, la festa che ricorda la vita del popolo di Israele nel deserto durante il loro viaggio verso la terra promessa, la terra di Israele. Nel tempio Maggiore di Roma quella mattina erano presenti più di 300 persone, di cui almeno una cinquantina di minorenni. Intorno a mezzogiorno, cinque uomini apparentemente distinti si disposero a chiusura di possibili via di fuga, tre di loro, e davanti all’ingresso principale, su Via del Tempio, gli altri due.
Scattarono i cinque minuti più lunghi dell’antisemitismo in Italia dal secondo dopoguerra. I due uomini appostatisi all’ingresso prima lanciarono tra la folla tre bombe a mano, e poi si misero a sparare nel mucchio con i mitra. Erano attentatori palestinesi, appartenenti a un commando del Consiglio Rivoluzionario di Al-Fath, già responsabile di vari atti di terrorismo contro gli ebrei in Europa. La follia ferì 38 persone, una delle quali a morte: il piccolo Stefano Gaj Tachè, due anni appena. Non è un caso che in questo preciso momento storico, il presidente Mattarella abbia deciso, con vigore, di riportare il tragico avvenimento alla luce inserendolo tra le pagine del suo discorso di insediamento a nuovo Capo dello Stato quando ha parlato del terrorismo. “Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano” si è espresso con forza Mattarella.
Non è un caso. Come non è un caso che le prime parole pronunciate sabato informalmente, dopo la sua elezione, durante la visita spontanea alle Fosse Ardeatine, siano state, ancora contro il terrorismo: “L’alleanza tra Nazioni e popolo seppe battere l’odio nazista, razzista, antisemita e totalitario di cui questo luogo è simbolo doloroso. La stessa unità in Europa e nel Mondo saprà battere chi vuole trascinarci in una nuova stagione di terrore”.
Sergio Matterella con questo passaggio così carico di significato, nel suo discorso d’insediamento ci fa capire quanto sia importante la memoria storica e quanto sia importante conservarla per le nuove generazioni che devono guardare al loro futuro ma portandosi dietro un bagaglio ricco di storia. Grazie Presidente.
Alfredo De Girolamo