Puntuale anche quest’anno ritorna il Festival del quartetto d’archi a Reggio Emilia. Il pubblico abituale sa già che ci sarà del buono e del bello perché anche quest’anno i musicisti invitati sono di altissimo livello.
Il fine settimana (domenica) è iniziato alla grande con il quartetto Kelemen, già ospite lo scorso anno sia della stagione concertistica del Valli che del Festival – che dire: son bravi, son belli e piacciono proprio -. Fino a lunedì 6 giugno saranno ascoltabili, in diverse performance e collaborazioni d’eccezione.
Dopo una breve pausa si riprenderà la programmazione mercoledì con un programma da non perdere, prima di tutto perché offre una rara divagazione dal repertorio più tipico del festival – in particolare di queste ultime edizioni -, presentando Dvorak, Shostakovic e Martinù (che son felice di sentire eseguire dal vivo!). Il programma si deve al contributo del pianista Alexander Lonquich, che affiancherà il Quartetto Pavel Haas in questo viaggio tra est Europa e America.
E comunque l’Americano di Dvorak vale da solo la presenza. Giovedì il quartetto si fa quintetto con David McCarroll, Suyeon Kang, Adrien La Marca, Julia Hagen e Clemens Hagen che proporranno Mozart e Schubert. Gli “Hagen” si presentano quest’anno in formazione diversa appositamente creata per il festival ma anche loro sono habitué delle rappresentazioni reggiane da molti anni.
Sabato 11 giugno il Quartetto Prometeo, contributo tutto italiano alla rosa di musicisti di quest’anno, si presenta con un bel curriculum e con un repertorio allo stesso tempo classico e interessante: Beethoven (il Maestro!), Schumann e Mendelssohn. Si chiuderà poi domenica 12 con gli spagnoli del Quartetto Casals e il repertorio più anomalo di tutto il festival, con Haydn, Ligeti e Ravel. Anche in questo caso, manco a dirlo, sono particolarmente curiosa perché l’accostamento prescelto si preannuncia vario e l’esecuzione dal vivo regala, in queste occasioni, interessantissimi momenti di comprensione.
Anche quest’anno il cuore che muove la scelta dei concerti sta proprio nell’Ottocento e nello sviluppo della musica da camera in rapporto con i maestri classici, con qualche passetto fatto nel Novecento, sempre mantenendo, comunque, il legame alla tradizione. Un omaggio forse anche al pubblico, che per questo repertorio prova più interesse.