Assolti perché il fatto non sussiste. L’inchiesta giudiziaria in questione è quella delle cosiddette “spese pazze” dei gruppi consiliari dell’Emilia-Romagna ( durante la scorsa legislatura) e a potersi dire del tutto innocenti sono i due ex consiglieri regionali nonché ex esponenti del Movimento 5 Stelle Andrea Defranceschi (allora capogruppo) e Giovanni Favia, poi espulsi da Grillo per motivi differenti.
I due ex politici, imputati per peculato, avevano chiesto il rito abbreviato ed erano stati interrogati dagli inquirenti lo scorso ottobre. E il pm Morena Plazzi, proprio oggi, aveva chiesto un anno e sei mesi per Defranceschi e un anno e quattro mesi per Favia. Ma il giudice dell’udienza preliminare Rita Zaccariello ha detto no: quelle spese erano lecite.
Le accuse si riferivano ai rimborsi chiesti tra il 2010 e il 2011: a Defranceschi la procura contestava spese per 98mila euro, a Favia per settemila. Il primo era stato escluso dalle liste per le Regionali 2014 – e successivamente espulso dal M5S – proprio in quanto indagato. Previsione facile, con l’auspicio di essere smentito: non riceverà né scuse né “reintegro” nel movimento da cui fu cacciato.
In proposito, Defranceschi si toglie qualche macigno dalle scarpe: «È finito così, come un castello di carte al primo soffio di vento, un calvario di anni. Un anno e mezzo fa questa indagine basata sul nulla, mi ha impedito di ricandidarmi. Per la gioia e il vantaggio di molti, dentro e fuori il Movimento. Che non vedevano l’ora di liberarsi di me. La coerenza, l’onestà e il coraggio di dire la verità e non guardare in faccia a nessuno, sono caratteristiche scomode in questo paese». Ed è proprio agli avversari politici che rivolge il suo pensiero Defranceschi, in un lungo post su Facebook. «Oggi – scrive – il mio pensiero va a chi mi ha attaccato, deriso, offeso, umiliato. Ai voltagabbana che prima ti riempivano di pacche sulle spalle e complimenti, per poi pugnalarti alle spalle. A quelli che mi hanno tolto l’amicizia da Facebook o che dalle loro pagine sono arrivati persino a offendere mia madre. A quelli che per la strada mi hanno tolto il saluto. Ma è un pensiero di un attimo. Perché non sono persone, ma omuncoli, e loro si hanno già una condanna». Ora però Defranceschi non vuole scuse e riappacificazioni. «Vi prego, abbiate almeno il dono della coerenza, non tornate indietro. Restate dove siete. Le scuse si accettano dalle persone intelligenti e in buona fede. E non è il vostro caso».
Per Favia parla il legale Antonio Maisano: «Siamo soddisfatti da questa sentenza che riabilita pienamente e giustamente l’operato umano e politico di Giovanni Favia. La formula assolutoria perché il fatto non sussiste spazza via in maniera indiscutibile il teorema accusatorio della Procura di Bologna che oggi è stato riproposto con una richiesta di condanna a carico del mio assistito. Voglio solo ricordare – ha aggiunto il legale – che, a differenza di altre posizioni, Giovanni Favia ha ricostruito fino all’ultimo euro, attraverso la produzione di scontrini, tutte le spese da lui sostenute nell’ambito della funzione politica. È una sentenza che pertanto afferma in maniera definitiva l’assoluta pulizia morale di Giovanni Favia».