Matteo Renzi dichiara guerra alle Regioni? Forse l’espressione è troppo forte o forse no, di sicuro c’è che nel progetto di riforma del Titolo V della Costituzione è in programma una sostanziale cura dimagrante per le competenze e le autonomie regionali. Oltre al dichiarato obiettivo di giungere al taglio delle Province, il Presidente del Consiglio sta puntando ad alleggerire anche le spese delle Regioni, che presentano conti salatissimi agli italiani.
Lungaggini burocratiche, costi per il cittadino, dualismo tra Stato e autonomie regionali, questi sono alcuni tra i motivi che stanno spingendo Renzi a riorganizzare il tutto, evitando lo sdoppiamento di competenze venutosi creato dalla riforma del 2001. Come racconta Sergio Rizzo sul Corriere della Sera il piano del Governo sembra muoversi nella direzione di un ridimensionamento degli eccessi operati in negli ultimi anni dalle Regioni: il Piemonte che sviluppa campagne pubblicitarie per promuovere il “Made in Piemonte nel mondo”, la Campania che investe milioni di euro all’anno di affitto per una prestigiosa sede di rappresentanza a New York (di dubbia utilità), le pubblicità della Calabria sui taxi londinesi o l’episodio dell’incontro tra la governatrice friulana Debora Serracchiani e il presidente dell’Azerbaigian Aliyev per promuovere l’esportazione delle barbatelle di San Giorgio della Richinvelda tra i contadini del Caucaso. Nel disegno di legge costituzionale proposto dal Governo vengono illustrati i tagli previsti nei settori le cui competenze sono state “gonfiate”, tra cui la promozione turistica che dovrebbe tornare ad essere competenza dello Stato e il commercio con l’estero. Nel periodo 2001-2009 le Regioni hanno speso in media quasi un miliardo di euro all’anno per la promozione del turismo, settore che dovrebbe essere trainante per l’intera economia nazionale e che invece ha ricavato appena il 4,1% del Pil.
Tra i nuovi provvedimenti del governo anche la revisione delle “norme generali del governo sul territorio e sull’urbanistica” e soprattutto l’introduzione di un tetto agli stipendi degli organi regionali (basti pensare che l’Assemblea regionale siciliana costa da sola più dell’intero Senato, la cui abolizione è argomento quotidiano). Scatterà inoltre il divieto di trasferire contributi pubblici ai gruppi politici che siedono nei diversi consigli regionali e che non di rado sono stati protagonisti di scandali e spese folli e ingiustificate (mutande, vibratori, Suv e altri oggetti stravaganti nell’elenco dei rimborsi pubblici ai consiglieri regionali). Rilevante anche il numero dei dipendenti delle Regioni: spicca la Lombardia per virtuosismo (solo 0,3 dipendenti ogni mille abitanti), non si può dire lo stesso di altre regioni come la Sicilia che guida la classifica con 3,8 dipendenti ogni mille abitanti. Nella “media” l’Emilia-Romagna, la Puglia e il Lazio con 0,6 – 0,7 dipendenti per mille abitanti.
Chissà cosa avrà pensato Renzi leggendo questi dati, di sicuro tra Province e Regioni i tagli da fare non sono pochi, buona fortuna Matteo.