Se questo fosse un film comico, adesso apparirebbe Ben Stiller con le sue orecchie prensili a fare una faccia buffa e un’espressione da cane bastonato, o Gene Wilder stralunato che guarda in camera come a condividere il suo sconforto col pubblico. Se fosse un action movie, Jason Statham irromperebbe con un calcio volante sulle gengive, Michael Bay farebbe scoppiare un qualcosa, fosse anche una carriola. Oppure John Travolta ballerebbe qualcosina. Insomma, robe hollywoodiane, di quelle che ti scaldano il cuore mentre ti spengono il cervello.
Invece la situazione contingente potrebbe si e no essere risolta da una crudelissima uscita di Manfredi, o Tognazzi – i più cattivi, i più veri – in tono grottesco, quelle cose che un attimo prima ridevi e ora all’improvviso non ridi più. Ebbene: sull’uscita della Corte dei Conti riguardo la Spending Review ci sarebbe davvero da ridere, ma non ci viene. E’ una di quelle situazioni spiacevoli nelle quali anche la Schadenfreude del “Io te l’avevo detto” non ti fa stare per niente meglio. Un po’ come quando la nonna scivola e casca male sul pavimento bagnato: magari davanti a quel groviglio di sottane e gambe che s’involano improvvisi ti viene un ghigno di riflesso, ma subito dopo capisci che è una cosa seria. Così è per il discorso di Squitieri: come fai a non dire, io te l’avevo detto? Saranno ormai vent’anni che si depaupera il patrimonio strumentale della Pubblica Amministrazione, con la scusa che costa troppo, per affidare i servizi ai privati spendendo esattamente come prima, più il ricarico, più la fatturazione – ossia, il 40% in più.
Risultato: i servizi non ci sono, quelli che ci sono costano una volta e mezza e sono pure più scarsi. Saranno ormai dieci anni che si fa di tutto per ridurre il personale: la mitologia del dipendente pubblico nullafacente, ladro e inutile ha fatto rapidamente presa nel popolino che, così coltivato, non si è mai opposto ai tagli lineari del personale, alla mancanza di nuove assunzioni. Risultato: non c’è abbastanza personale per portare avanti i servizi, di nuovo, e al tempo stesso la spesa pubblica aumentava costantemente, mentre il personale diminuiva. Mi – mi – mistero!, avrebbe balbettato Ruggeri sul palco dell’Ariston, novello Daltrey: la nostra generazione è questa, ed è anche messa peggio di quella che cantavano gli Who.
In realtà, l’enigma è presto svelato: 25 miliardi di spesa pubblica in meno, che quanti al Governo oggi sbandierano come grande risparmio, costituiti perlopiù di tagli lineari che non hanno risolto il problema degli sprechi laddove conclamati, per incidere invece l’osso e ancora più in profondità dove gli sprechi erano minori o non erano affatto. Nel frattempo, l’italiano medio, credendo che “risparmio” equivalesse a “pagherò meno tasse” ha lasciato correre, o addirittura gettato benzina sul fuoco dell’autodafé; oggi, con le tasse più elevate che mai e i servizi sempre più lacunosi, invece di cominciare a riflettere sul fatto che tutto sommato le conseguenze hanno una certa logica si lamenta, di nuovo, dell’assenza di sostegno. Così, quando il tempo di attesa al Pronto Soccorso da 3 ore diventa di sette, otto, dieci ore se sei al pediatrico, anziché balenarti il dubbio che qualcosa che avevi ora non ce l’hai più trovi che inveire sul disservizio sia più facile e tanto, tanto liberatorio.
E non è che, anche a volerla cercare, si riesca a trovare una morale davvero tale in questa storia. Perché le stesse forze politiche che oggi lamentano una mancanza di flessibilità all’origine di detti tagli lineari (imposta dai soliti cattivi dominatori europei) ieri si facevano grossi dei risultati ottenuti nel risparmione, e il cittadino, pur scontento, ad ogni grida si spellava le mani. Quanto a quali siano le forze politiche in questione, è presto detto: tutte, perché tagliare dove non faceva male, previa accurata anestesia socio psicologica del popolo italiano, era sembrata a tutti la soluzione migliore da attuarsi; senza uno straccio di programmazione, senza visione del futuro, senza strategia. Oppure, sì, la strategia c’è, eccome: assegnare i servizi a qualcun altro, e far ricadere i maggiori oneri a carico del cittadino che, se si lamenta per poi girare in SUV, può anche fare un buchetto in più alla cinghia. Casomai, il problema sarà di chi il SUV non ce l’aveva; ma anche qui, che arroganza, approdare al 21° secolo da poveracci, tutta zavorra che è meglio perderla che trovarla.
Vedesi, nello stesso rapporto, il capitolo a proposito dell’affidamento senza gara alle partecipate, il 70% del totale dei servizi appaltati dai Comuni. Lungi da noi affermare che se in Danimarca c’è del marcio in Italia ormai siamo arrivati alla sterilizzazione per eccesso batterico; ci limitiamo solo a segnalare il dato, innocentemente. La beffa è che al calo dei servizi (ma sarebbe meglio parlare di immersione in batisfera) non è affatto corrisposto un proporzionale risparmio, né sulla spesa corrente, né tantomeno sul deficit. Anzi, semmai un aggravio. E se lo dice la Corte dei Conti, è un dato sul quale possiamo contare.