Firenze – C’è ben poco da dire. Ogni domenica sembra di vedere la stessa partita; e questa sarebbe una bella notizia per i tifosi dell’Atalanta o della Lazio, per esempio, ma non lo è certo per quelli della Fiorentina. Schemi ampiamente bocciati dal campo e ripetuti fino alla noia come se dovessero essere soltanto perfezionati; giocatori fuori ruolo o giocatori senza futuro riproposti come la merce andata a male ai supermercati, contraffacendo la data di scadenza.
E anche le poche novità rientrano comunque nelle pratiche sado-maso che il tecnico ha abituato i tifosi ad aspettarsi. Ieri, tra i pesci d’aprile in ritardo da parte di Sousa, c’è stato quello di proporre (e strapazzare) Borja Valero a tutto campo, ora ultimo uomo in mezzo a difendere, ora ala sinistra (sì, per quasi tutto il secondo tempo), ora seconda punta…e poi lo spostamento di Sanchez a stopper (che sia un lento avvicinamento al ruolo che gli compete?).
Anche se il vero pesce d’aprile, che peraltro ci vien comminato da mesi e mesi, è stata la conferma in campo di Tello. Un giocatore perfettamente inutile, un giocatore che tutti si augurano se ne vada quanto prima, e che misteriosamente è sempre titolare, nonostante che per un’ora, finché non vien tolto, sia oggetto di furiosi richiami e anche di qualche improperio da parte del tecnico che ne biasima ogni volta la prestazione. Misteri, ancora misteri: e dire “misteri” non è che un eufemismo per nobilitare il nonsense quando non fa ridere.
Ma la domenica calcistica appena trascorsa a guardarmi intorno per non annoiarmi troppo con la Fiorentina mi fa tornare sul tema del gioco con qualche argomento in più. Ho sempre detto, e i risultati mi danno ragione, che il gioco all’”inglese” di Sousa non si addica alle caratteristiche dei giocatori della Viola. Da qualche tempo mi viene il sospetto che non si addica proprio a nessuno qui in Italia, mentre miete consensi e applausi in Inghilterra, nell’NBA del calcio.
Già, a proposito di basket: ve li ricordate i Globe Trotters che giravano il mondo a dare spettacolo funambolico e che però, se dovevano giocare una partita seria, la perdevano regolarmente da una squadra qualunque? Beh, agli inglesi sta capitando lo stesso. Hanno “rivoluzionato” il calcio rendendolo molto più offensivo, dispendioso e veloce. Da allora, in campo internazionale, non vincono più nulla, a dispetto della ricchezza dei club e di un parterre invidiabile di campioni che tutti gli anni ostentano al via delle competizioni.
E forse per lo spettacolo, forse per esorcizzare le critiche di chi dice che il nostro calcio è sempre e soltanto catenaccio e contropiede, anche da noi qualcuno sta cercando di imitare gli inglesi. Non si tratta tanto del 4-2-3-1, del 3-4-2-1 o del 4-2-4; si tratta del modo di interpretare questi schemi. Per esempio, Conte al Chelsea gioca proprio il gioco griffato da Sousa; ma lo gioca con il baricentro molto più basso, con i centrocampisti molto più aitanti fisicamente e adatti al recupero palla (provate a confrontare Matic e Kanté con Borja e Badelj!) e lo gioca con varianti che spesso, con in campo Fabregas, riproducono un classico centrocampo a tre.
E per esempio Ventura, che non ha voluto essere da meno e ha proposto, contro l’Albania, un doppio centravanti, due esterni alti e i soli Verratti e De Rossi in mezzo (l’esito ve lo lascio giudicare a voi). Questi esempi per dire che in tutti gli schemi, compreso quello che sta provando ora la Juve con risultati assai dubbi, hanno un minimo comun denominatore: gioco propositivo inteso come gioco che tiene costantemente almeno due ali, un centravanti e una mezza punta davanti alla linea del pallone: gioco in ampiezza a creare spazi dove i giocatori dovrebbero inserirsi e sfruttarli in velocità; rinuncia al classico regista di centrocampo (il centrocampo diventa un rito di passaggio rapido, perché i giochi si fanno altrove, all’attacco soprattutto e negli uno contro uno in difesa quando gli altri ripartono).
E io ribadisco la mia convinzione: questo gioco non mi piace (mi sembra un calcio modello calcetto, che sveltisce e rende più piacevole il gioco, ma impoverisce troppo la tattica, trasformando le partite in gare di atletica); ma soprattutto non si può giocare in Italia. Le esperienze di Benitez a Napoli e di De Boer all’Inter sono ancora fresche. Le difficoltà della Juve a far tornare i conti del gioco nuovo cui parrebbero convertiti, sono sotto gli occhi di tutti (e va sempre a finire che quel gran gioco d’attacco, alla Juve, si trasforma in un poderoso catenaccio con tutti e dieci dietro la linea del pallone; quando non entra, nei secondi tempi, un centrocampista in più a riportare il centrocampo a tre).
Perché, per ora, questo gioco non quaglia in Italia, né per i risultati né tantomeno per lo spettacolo? Perché per far funzionare questo gioco, oltre ai giocatori adatti, ci vuole un tacito accordo con gli altri: che lo giochino anche loro. E allora ci sono gli spazi, fioccano le occasioni, ci sono le goleade, il pubblico si esalta a vedere i propri beniamini scatenati lancia in resta… Ma quando ci si trova davanti un Carpi o un Leicester? Quando ci sono le squadre che ti intercettano tutte le linee dei passaggi, ti rubano palla e ripartono? Qualcuno lo chiama gioco difensivista. In Italia si chiama gioco vincente. E soprattutto se lo dovrebbero ricordare le squadre che al posto di Pedro e Hazard hanno Tello e Saponara (di Badelj e Borja al posto di Matic e Kanté si è già detto).
Sono mie ubbie? Può darsi. Ma per essere smentito, vorrei solo che la Fiorentina provasse una volta a giocare con la difesa a quattro (Tomo, Gonzalo, Astori e Milic), con il centrocampo a tre (Vecino, Badelj e Borja), e con Ilicic e Berna (o Chiesa o Saponara) dietro Kalinic. Sanchez potrebbe eccome essere della partita, ma magari in mediana e a sinistra. Si tratterebbe di giocare come la Fiorentina ha saputo giocare negli anni prima di Sousa e come gioca oggi la Lazio, tanto per citare una squadra che non ha giocatori migliori dei nostri, anzi, ma che ha un tecnico umile, onesto e realista, ed è quarta in classifica dove potevamo benissimo essere noi.
Foto: Borja Valero