Il credito alle imprese e le garanzie pubbliche sui prestiti bancari, fondamentali per garantire la crescita, temi che devono rimanere centrali
Vincenzo Patuelli, Presidente dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana, vi ha dedicato una azione determinante, sottolineando che in Italia si è fatto di più rispetto ad altri Paesi ma che non si può abbassare la guardia. Con varie misure, e i ben 42 miliardi di euro, per circa 6400 operazioni, a cui ammontano i prestiti garantiti nell’ambito di Garanzia Italia, lo strumento di Sace (Cassa Depositi e Prestiti), è stato dato sostegno alle imprese italiane e Patuelli lo ha rivendicato, in occasione della propria riconferma alla presidenza Abi, nel luglio scorso: “Occorre ridurre la pressione fiscale sugli investimenti stabili e non speculativi per innescare un più robusto circuito virtuoso, per favorire la trasformazione della liquidità in investimenti produttivi. Anche in presenza della pandemia le banche hanno complessivamente continuato a rafforzare il patrimonio e ridurre i crediti deteriorati che non sono esplosi anche per la presenza di moratorie che debbono essere reintrodotte col prolungamento della pandemia e con gli effetti della guerra russo-ucraina”. Parole che appaiono ancora più importanti oggi alla vigilia del nuovo governo.
Considero, come imprenditore, il sistema bancario la spina dorsale della nostra economia, l’azione efficace di Patuelli, e l’attenzione posta al tema delle moratorie è lungimirante. Vanno evitate le chiusure in un momento in cui i margini operativi delle nostre aziende si erodono a seguito di questa terribile congiuntura.
Il tema della disponibilità del credito e della liquidità resta quanto mai centrale, soprattutto per le piccole e medie imprese che hanno da sempre il problema della capitalizzazione e accesso alla borsa valori.
Il fenomeno di questi ultimi anni del rientro in patria (back shoaring o re shoaring) di nostre eccellenze produttive, in precedenza delocalizzate, conferma del resto che in Italia si può e si deve ancora investire. La produttività deve rimanere però la stella polare delle politiche economiche, anche nei comparti più grandi che operano in settori ad alta densità di capitale dove dobbiamo capire come intercettare opportunità di crescita e dove spesso i nostri concorrenti sono “big players” molto più grandi e strutturati delle nostre “mid cap” o grandissime. In questo snodo, uno Stato che sappia orientare risorse e attrarre investimenti esteri nelle nuove filiere, è decisivo.
In questo senso il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti sarà ancora fondamentale, non solo nel mettere al riparo gioielli nazionali dal rischio saccheggio, ma anche per proseguire la strada del coinvestimento con il privato in quei settori dove la piccola e media impresa non riesce da sola ad emergere. Un nuovo sistema di finanza pubblica adeguata alla promozione di questa azione deve essere approntato, con una idea di Stato che deve finanziare affiancando competenze ed energie private alla sua azione.
Noi imprenditori dovremo continuare a fare la nostra parte investendo, presidiando i mercati, accettando la sfida tecnologica che è prima di tutto una sfida culturale; ma chiediamo con forza che la politica faccia la propria parte, agendo subito per fornire risposte immediate a imprese e famiglie.