“Soldi sporchi” e infiltrazioni nel tessuto impreditoriale, le mafie sono qui

Soldi sporchi a fiumi. Entrano in Toscana, investono sul territorio, prendono forza e impiantano un sistema. Quanti? Un giro di circa 15 miliardi di euro, come ipotizza, dati alla mano, l’ultimo, allarmato e allarmante rapporto sulle cosche in Toscana della Fondazione Caponnetto.
Una delle rotelle fondamentali di questa lenta e progressiva infiltrazione nel tessuto economico sostanzialmente sano della regione dei veleni della mafia è il riciclaggio. Quella enorme lavatrice in cui buttare soldi insanguinati e farli tornare miracolosamente puliti e reinvestibili. Quei “Soldi Sporchi” che danno il titolo al libro che il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso è venuto a presentare a Firenze mercoledì scorso primo febbraio. Uno dei problemi fondamentali esposti da Grasso è la punizione dell’autoriciclaggio. “C'è chi nasconde i soldi che sono già profitto di altro reato – ha spiegato il procuratore nazionale – chiediamo a gran voce e da molto tempo, e speriamo di ottenere, uno strumento legislativo per poter meglio iniziare le indagini oltre a poter avere delle banche dati collegate che ci possano consentire, così come fa l'Agenzia delle Entrate, di fare delle indagini patrimoniali più approfondite''. E, in assenza di uno strumento specifico, Grasso dice che anche le misure antievasione, la tracciabilità per esempio, la limitazione del contante, i provvedimenti in tema di transazioni finanziarie sono già tendenzialmente utili per il contrasto del riciclaggio proveniente da attività criminose.

Che l’allarme in Toscana sia già alto da qualche anno e si stia facendo rosso lo testimonia una vicenda che certifica la presenza sempre più tracotante e di attacco al territorio delle cosche. Si sta parlando della minaccia di stampo mafioso di cui all’inizio del 2011, è stato vittima Eleonora Baldi, il sindaco di Follonica, in provincia di Grosseto, subito denunciata alle forze dell’ordine. Una minaccia che assume un significato particolarmente sinistro, in quanto è la prima di cui si ha notizia in Toscana ai danni di un amministratore pubblico e politico.

L’intreccio fra mondo imprenditoriale e uomini delle cosche è il nodo fondamentale, quello su cui si gioca la pericolosa guerra in corso fra un territorio fondalmentalmente alieno a certe logiche di potere e sfruttamento criminale proprie della mafia e la volontà serrata dei clan di intervenire in un territorio ricco, parcellizzato in piccole e medie imprese le cui stesse dimensioni ridotte possono essere motivo e fattore di debolezza. E se spesso ad arresti in Sicilia, in Calabria, in Campania corrispondono sequestri di beni situati in Toscana, qualche volta l’azione della giustizia cala dal centro verso il sud. Un esempio significativo dell’intreccio che lega le maglie intricate di questa storia criminale è stato un episodio di giugno scorso, che ebbe come principale palcoscenico Firenze. Fu un’indagine dei carabinieri del Ros a individuare un sistema di truffe e intimidazioni attuato con i metodi del clan. Indagini avviate a Firenze, trasmesse e concluse a Palermo.


Un capitolo a parte e forse non ancora sufficientemente indagato è quello riguardante le cosidette “ecomafie”. Un campo in cui la nostra regione detiene una posizione di assoluto rispetto: dal 2010 al 2011 è balzata infatti, secondo il recente rapporto di Legambiente, dal settimo al sesto posto nella classifica delle regioni con più reati ambientali, preceduta solo da Campania, Calabria, Sicilia, Puglia e Lazio.
Ecco i numeri del 2011: 2132 infrazioni accertate ed una percentuale sul totale di 6,9%, 1789 persone denunciate, 18 arresti e 526 sequestri effettuati.

Bestia nera, quella dei rifiuti. Un settore in cui i “progressi” toscani sono stati molto rapidi: nel 2010 infatti si sono avuti 345 reati accertati (5,8% sul dato nazionale) con 16 arresti. Nel 2009, gli arresti erano stati pari a 0.
Storie toscane di Ecomafia? Eccone una, si chiama “Eurot”, è un’inchiesta della procura di Prato e svela che fra Toscana e Campania c’è un vero e proprio legame. Di stracci.
Un clan mafioso di Ercolano, servendosi di un’azienda di Montemurlo, operativa in pieno distretto tessile pratese, rastrellava gli abiti vecchi dalle campane della raccolta. Una parte li rivendeva nei mercatini di Ercolano, il resto lo destinava come combustibile per i roghi appiccati nelle discarica abusive della camorra.
Un’altra? “CleanSweep” che parte dalla procura di Mondovì.Tribunale di Empoli, 24 febbraio 2011: condanna in primo grado di tre persone, due imprenditori e un capo cantiere, per un traffico illecito di rifiuti industriali scoperto nel maggio del 2003 dalla procura di Mondovì. Migliaia di tonnellate di scarti di lavorazioni di industrie siderurgiche e metallurgiche partivano dalla Lombardia, dal Veneto e dal Piemonte per essere occultate in Toscana, dove venivano utilizzate in cantieri edili e stradali.

Altro dato inquietante: la nostra regione si trova al sesto posto per quanto riguarda i reati connessi al ciclo illegale del cemento. Il ciclo del cemento, in Toscana come nelle altre regioni del centro e del nord Italia, si conferma il modo migliore per le mafie per riciclare i proventi dalle attività criminose

Abusivismo edilizio? Criminalità organizzata a parte, la Toscana ha conosciuto negli ultimi anni un vero e proprio degrado dei controlli che hanno permesso spesso l’alterazione di zone di alto pregio paesaggistico e artistico. Lottizzazioni abusive è la parola più ricorrente, che fa da spesso necessario battistrada per quanto riguarda preoccupanti episodi di infiltrazione mafiosa nella gestione degli appalti pubblici, soprattutto quelli legati alle costruzioni.
Esempi? Operazione “do ut des” a Massa. Durata oltre un anno e mezzo, mette sotto indagine i presunti appalti pilotati per una lunga serie di lavori eseguiti all’interno dell’istituto delle Gorline. Tra gli altri, sono finiti in manette il direttore del carcere, quattro imprenditori e alcuni funzionari del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. Reati contestati: dalla corruzione al peculato e al falso ideologico. Secondo gli inquirenti, fin dal 2005 attorno alla manutenzione della struttura carceraria si era creato un business a base di appalti truccati: i lavori erano affidati sempre alle stesse due ditte.

Nel settore delle zoomafie, il salto è impressionante: si sale in negativo dal sesto posto del 2010 al 2°: 691 infrazioni accertate con una percentuale sul totale del 11,8%, 223 denunce, 248 sequestri e 1 persona arrestata.
Toscana e Lombardia sono le due regioni in Italia che possiedono il sistema di controlli più stringente per il contrasto a questo particolare tipo di crimine; d’altro canto, hanno anche un’elevatissima presenza sul territorio di aziende manifatturiere e di lavorazione di prodotti legati a pellami.
In netto aumento, secondo i dati forniti da Legambiente soprattutto il traffico illegale di integratori alimentari, medicine alternative orientali, cosmetici, articoli in avorio e in pellame di rettile: prodotti che hanno tutti alla base la lavorazione di parti di animali che appartengono quasi sempre a specie protette. Diminuiscono i combattimenti tra cani, mentre restano stabili le corse clandestine di cavalli, cresce il traffico di cuccioli di cani e la macellazione clandestina, le scommesse e il giro di sostanze dopanti, i bocconi avvelenati, il bracconaggio e la caccia di frodo.

Nella foto: Pietro Grasso

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