Mentre si consuma la festa provinciale del Pd al Campovolo, sempre meno gioiosa macchina da soldi rimpingua casse, il partito “troppo giovane per aver già risolto tutti i suoi problemi ma troppo vecchio per essere un esperimento fallito” (così Pierluigi Bersani alla platea dem di casa nostra) vive probabilmente il suo peggior momento. Deve rispondere a quella magistratura già idolatrata per aver indagato Berlusconi anche nelle pieghe dei pantaloni, di aver avuto al suo interno una sorta di “direttorio finanziario democratico” che abbia illegalmente foraggiato suoi uomini ed iniziative di spicco. Un sistema, anzi un sistemone vecchio di una 15ina d’anni. Le reazioni tra il gelo, l’imbarazzo interno e la rinnovata fiducia al potere giudiziario.
Alla vigilia della kermesse gavassese avevamo chiesto dalle pagine web di questa testata, con consapevola forzatura provocatoria e dialettica, un bagno di sudore (già garantito dal clima) e di autocritica. Non tanto perché il partito democratico debba farsi perdonare più di altri (la sua relativamente giovane età lo mette al riparo oggi da repentini processi degenerativi) quanto per tener fede a quella sbandierata, ancorché presunta superiorità morale con cui si accingerebbe a governare il Paese. Superiorità morale oggi relegata dal pubblico nel novero delle leggende tutte da dimostrare, anzi indimostrabili tipo gli Ufo o il mostro di Loch Ness. Ma, come spesso accade, la realtà supera la fantasia o il peggior vaticinio rilasciato dall’antro di 7per24 da noi, improvvisate e poco paurose sibille cumane.
Il pignolo pungolo giornalistico ci derivava non da rancorosi appetiti per una festa generalmente riuscita nei numeri ma essenzialmente da due urgenti aneliti: da una parte la necessità della costituzione in Italia di un’alternativa seria e moralmente credibile all’era di Arcore (la cui parabola sembra al capolinea), dall’altra dalla non geniale constatazione che la nostra provincia appare ancora una roccaforte di detto partito. E che dunque le prime rivoluzioni socio-politiche andrebbero compiute tra le mura domestiche.
Orbene, le stanche e accaldate litanìe che si sono perpetuate durante la sfilata dei cosiddetti big sul palco maggiore della festa, non sono andate nel senso sperato. L’applausometro delle scarse platee è andato scemando riducendosi spesso a inerziale liturgia di tiepido sfregamento di mani da parte di un pubblico che non spiccava in gioventù. Besnì per la consuete prime file occupate da maggiorenti e loro accoliti, stati maggiori e generali, consiglieri e consigliori, vassalli, valvassini e valvassori; nessun confronto, risposte scarse, autocritica a fil di interpretazione. E gli “under 40”? Già catechizzati come scafatissimi frequentatori di stanze dei bottoni. Ma noi continuiamo a sperare e a spronare per un ribaltamento di forma-sostanza. Perché il gap tra l’immagine che la politica dà di sé e i bisogni della gente, oggi appare incolmabile.
Il sogno di una sera di fine estate? Per esempio che Andrea Viero, direttore generale di Iren, passasse tra i tavoli del ristorante “low cost” di FestaReggio elargendo parte del suo faraonico stipendio a pensionati e cassintegrati reggiani del Pd che si indebitano per pagargli le bollette. Sogni probabilmente. La realtà è invece un’altra: tragicomica nella sua teatrale improbabilità. Che i cooperatori Ildo Cigarini e Mauro Degola presentino un libro-burla di poesie farlocche dell’artista Ilma Derini frullando i loro nomi con quello della grande scrittrice scomparsa Alda Merini. E il succoso risultato è più o meno lo stesso. E giù risate…