Sogno di una notte di metà novembre. Al Valli si alternano due sogni d’una notte di mezza estate. Questa è la prosa, bellezza

Sogno_1Questa consolidata messa in scena del Sogno d’una notte di mezza estate di Shakespeare, una di quelle che ha viaggiato di più tra quelle del Teatro dell’Elfo continua, a distanza di tempo, a meritare pienamente il suo successo.

Cambiati, negli anni, le regie e gli interpreti, quest’ultima interpretazione esalta la commedia e gli elementi più originari del genere, in una lettura che senza tralasciare gli elementi soprannaturali, fiabeschi e grotteschi finisce per essere prima di tutto un gran divertimento.

La prima piacevole sorpresa – per chi come me vede per la prima volta questa rappresentazione, che pur tanto dal 1999 ad oggi ha viaggiato – è proprio quella di trovarsi davvero al centro di una commedia in cui si ride. Si ride grasso: di allusioni, ammiccamenti, acrobazie fisiche e verbali, scappellotti e battibecchi. Si ride con le regole auree dalla commedia dell’arte in giù, in grado di rendere Shakespeare, nell’ormai storico riadattamento di Dario del Corno, perfettamente contemporaneo anche malgrado la sua necessaria (fisiologica e naturale) verbosità.

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E davvero credo che tutti gli interpreti meritino un plauso, a partire proprio dai personaggi più comicamente riusciti: Ermia -perfettamente allineata a Lisandro, Elena e Demetrio – e Bottom in cima alla lista.

La commedia non oscura del tutto la trama sottilmente inquietante di spiriti e magie, che specialmente sul finale dell’opera si incupisce e fa emergere gli aspetti più dark – che molte rappresentazioni prediligono, compresa la prima regia di De Capitani, pare -. Storica, ormai, anche la scenografia e i costumi che, lievemente, senza darlo a vedere, contribuiscono in tanta parte alle atmosfere di una regia che sa interpretare egregiamente la tradizione pur dandone nuova linfa.

Ho amato molto le citazioni, sia quelle iconiche (la scena madre di Bottom addormentato insieme alla Regina delle fate di Fussli) sia quelle letterarie, che ritornano nell’adattamento e che citano, in forma autoironica altre opere di Shakespeare.

Shakespeare come lo si vorrebbe sempre vedere.

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