Siena – Quando i grandi esperti di finanza emettono giudizi tranchant per simulare cinismo ignorando quello che passa per la testa alla gente comune, preoccupata e impaurita, l’effetto prodotto è controproducente. Il brillante David Serra detta su “Il Sole 24 Ore” una secca diagnosi tutta fondata sui grossi numeri. Ma ciascuno di numeri ha i suoi e sono in molti a ragionare su piccole cifre essenziali per la propria esistenza e per il futuro di sé e della famiglia. “Il sistema bancario italiano – ripete Serra – é solido. Manca un po’di capitale di 2-3 banche che sono già state identificate e comunque bisogna ragionare sui numeri”. Nel caso più problematico, Veneto Banca, la carenza di capitale è inferiore a un miliardo, per la Pop Vicenza è di un miliardo, un miliardo e mezzo circa. La Bce dice che Mps non ha bisogno di capitale dopo gli aumenti che ha fatto: quindi si parla in tutto di un paio di miliardi», spiega Serra.
«Il Pil italiano – continua – è di 2 trilioni e gli italiani hanno 4 trilioni di risparmi. Dunque non esiste un problema Italia, riassume Serra. Semmai c’è un vistoso problema di tempi. L’Italia è in ritardo. Infatti «la legge sulle popolari è dello scorso anno, ma finora soltanto una è diventata Spa». Le altre son ferme a proteggere un ceto dirigente che ha commesso errori su errori. La direttiva del bail-in risale all’agosto 2013, ma non è stata neppure spiegata ai risparmiatori prima che entrasse in vigore. In queste tre osservazioni Serra non ha torto. Il dramma attuale «farà accelerare il processo di consolidamento». Il fatto è che «abbiamo – dice Serra – troppi sportelli e troppi dipendenti bancari, perché c’é internet. Nel mondo il digitale provocherà la chiusura di un terzo degli sportelli bancari e questo arriverà anche in Italia». Non si può dire che facili profezie del genere rassicurino. Hanno una certa validità nel lungo periodo. Ma oggi? Non sono accettabili a cuor legger , e meno che meno da chi segue con giustificatissima ansia la situazione attuale del Monte dei Paschi, aggredito da speculazioni violente senza alcun riscontro nel piano industriale che si sta attuando.
In tema di Mps è intervenuto laconicamente Yoran Gutgeld, il responsabile della spendig review per Palazzo Chigi. La bufera che si sta scatenando su Mps “è una situazione limitata – ha osservato con glaciale distacco – che avviene in un momento di mercati in calo”. E il commissario continua spiegando che la banca senese «rappresenta in tutto il 2/3% del sistema italiano e che viene da una storia complicata, in cui già governi precedenti sono intervenuti». Per concludere che “si sta parlando di una cosa molto circoscritta”.
Nessuno che gli risponda che il Monte viene da una grande storia, e che certamente sono stati fatti a Siena errori enormi sui quali è inutile tornare oggi. Anche i governi e la autorità di controllo hanno, però, le loro brave responsabilità e non possono cavarsela girandosi dall’altra parte e consolandosi col fatto che nel sistema Italia Rocca Salimbeni occupa una fettina del 3%. Accidenti a ragionare solo sui numeri e a teorizzare che, costi quel che costi, non si deve intervenire quando le crisi diventano virulente e le paure di chi è ignaro di sofisticate strategie globali sfociano in collettiva angoscia! Sarebbe compito della politica farlo, se esistesse ancora come capacità di orientare formando opinioni avvedute e stimolando sagge volontà.