Siena senza pace: ora qualcuno dice “Guidoriccio è un falso”

Siena – Siena senza pace in quest’anno, non per nulla bisestile. Dopo la corsa del Palio, con i soliti animalisti indignati, ecco lo tsunami che  si abbatte sul Monte de’ Paschi e, se non bastasse, ecco che qualcuno rimette in dubbio l’autenticità di uno dei capolavori più  noti del Palazzo Pubblico di Siena, niente meno che il “Guidoriccio da Fogliano all’assalto di Montemassi”.

Riemergono  vecchie polemiche per ora in sottofondo, in attesa di prove più certe con l’ultime tecnologie. Ma insomma il dubbio s’infiltra subdolamente: che tanto medioevo senese  sia  in realtà dovuto a un gusto neo- medievalistico otto -novecentesco? Non per niente Siena è stata la patria di Icino Joni,  uno dei più straordinari imitatori e contraffattori  della pittura senese tre-quattrocentesca, le cui opere sono, più o meno identificate e autenticate,  in vari muse , soprattutto americani.

 Il discorso sul falso Guidoriccio risale agli anni Ottanta del secolo scorso,  con le note tesi dello storico dell’arte americano Gordon  Moran , contro l’attribuzione tradizionale  del grande affresco a  Simone Martini, riprese più tardi  da William  Tode, pittore lui stesso ed ex funzionario del  Ministero dei Beni  Culturali.

Riassumendo brevemente l’infiammata polemica di allora va ricordato almeno  che nel 1980, in occasione di un restauro nella sala del Mappamondo, dove si trova l’affresco di Guidoriccio, venne trovato, sotto il dipinto  del Cavaliere, un altro affresco di grande qualità, e  che poteva essere , quello sì, di Simone Martini , poi cancellato con una mano di blu, non si sa perché. Forse per banali motivi di spazio, per lasciar posto ad altri interventi; o forse per una sorta di  damnatio memoriae di un mercenario, Guido Riccio appunto, prima a servizio di Siena e poi passato a suoi nemici.

Infatti,  fra le ragioni contrarie all’autenticità del  paludato Guidoriccio, c’è anche questa: che non poteva essere innalzato agli onori del Palazzo pubblico un mercenario, con tanto di proprie insegne. Inoltre,  il Castello dipinto nell’affresco non può essere, per la sua morfologia, Montemassi, ma piuttosto Rocca Tederighi, con le  fortificazioni che appaiono di fattura più tarda. Ma principalmente,  nel documento del 1330  in cui si annota la commissione a Simone  di dipingere  alcuni castelli come Montemassi e Sassoforte, non si fa cenno a Guidoriccio.

Neanche Vasari e i cronisti senesi dell’epoca ne riportano. In special modo  si rileverebbero incongruenze stilistiche e materiali nell’esecuzione della pittura. Faceva osservare William Tode, fra le altre cose, che le ‘ giornate’ sarebbero troppo vaste per affreschi dell’epoca;  che il nero-avorio  è  dato  con agglutinante e  quindi non è a  buon fresco. Insomma, i detrattori dell’attribuzione a Simone Martini sostenevano che, esaminando la struttura del substrato, l’affresco  doveva essere molto, ma molto  più  tardo; addirittura di un pittore di gusto  neogotico del Novecento, come ad es., Galileo Chini, grande decoratore, che ha lasciato importanti testimonianze  a Siena, dove lavorò all’inizio del secolo scorso.

Anche altri storici dell’arte di grande spessore come Zeri pensavano ad un’opera di un pittore assai inferiore a Simone, magari del secondo Quattrocento.

Comunque  queste tesi, ormai vecchie di decenni, ora riprese nuovamente  pur in attesa, come dicevamo,  di esami più approfonditi,  faranno scalpore e toglieranno suggestione al famoso dipinto e all’allure incontestata  dell’arte senese. Cosa di cui Siena, in questo momento , stretta intorno ai suoi antichi e un po’ inquietanti palazzi, non ha certo bisogno.

 

 

 

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