Parigi- Con l’attenzione concentrata sulle conseguenze sanitarie, economiche e sociali dell’epidemia del coronavirus, rischiamo di far passare in secondo piano i drammi umanitari e i numerosi conflitti che stanno funestando il nostro pianeta.
Un rapporto dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ci ricorda oggi la dura realtà di chi ha dovuto lasciare il proprio tetto per sfuggire a violenze e persecuzioni. Secondo il documento nel 2019 i profughi hanno sfiorato la cifra record di 80 milioni, cioè l’1% della popolazione mondiale, il doppio rispetto a dieci anni fa. Un esodo forzato dalla propria regione o dal proprio paese verso un futuro meno che incerto, in un contesto mondiale di povertà che ora, con la crisi del Covid 19, tutti si attendono in forte aumento.
“L’uno per cento della popolazione mondiale non può tornare a casa, per colpa di guerre, persecuzioni, violazione dei diritti dell’uomo e altre forme di violenza”, ha dichiarato alla AFP il capo dell’alto commissariato Filippo Grandi sottolineando come dal 2012 le cifre che riguardano i rifugiati sono in costante aumento. A suo avviso le risposte politiche a questo flagello sono state finora insufficienti e fanno temere che la tendenza al rialzo rischi di continuare.
“La comunità internazionale è divisa, talmente incapace di trovare la via della pace che purtroppo la situazione continuerà ad aggravarsi….eppure, ha aggiunto, basterebbe che trovasse l’unità, la volontà politica per aiutare i paesi a superare la crisi e a ricostruirsi”.
Secondo il rapporto il 68% dei rifugiati proviene da 5 paesi. La Siria, devastata da 9 anni di guerra, conta 13, 2 milioni di rifugiati all’interno e all’esterno del paese, cioè un sesto della sua popolazione. Seguono Venezuela, Afghanistan, Sudan del sud, Birmania.
Con il coronavirus poi la situazione si è ulteriormente aggravata perché l’epidemia non ha arrestato il flusso dei migranti che però, data la crisi socio-economica causata dal Covid 19, hanno ora maggiori difficoltà a trovare fonti di reddito. “Quello che abbiamo visto aumentare in modo drammatico è la povertà” ha dichiarato Grandi invitando i paesi ad accordare l’asilo a chi ne ha bisogno. “ C’è sempre bisogno di un rifugio, di protezione, di asilo “ ha aggiunto ricordando che purtroppo la gente continua a fuggire non la pandemia ma perché in casa sono minacciati.
Il rapporto precisa che degli 80 milioni, la maggioranza (45,7 milioni) è fuggita dalla regione dove viveva per un’altra zona del paese e che il resto invece ha dovuto espatriare. Alcuni, come i siriani, senza prospettive di tornare fintantoché la guerra è in corso.
L’ESAO, l’ufficio europeo che si occupa dell’asilo, ritiene intanto probabile che il flusso migratorio verso l’Europa aumenti a causa della pandemia soprattutto in provenienza da quei paesi a basso reddito e dal debole sistema sanitari. Intanto, ha precisato a Le Monde la sua direttrice Nina Gregori, il numero delle domande d’asilo è sceso del 43% a marzo e dell’86% ad aprile in quanto l’epidemia ha fatto segnare una battuta d’arresto nella maggior parte dei paesi membri. A suo avviso comunque, nonostante qualche “riprovevole incidente”, globalmente “i paesi in prima linea fanno largamente del loro meglio”.
Gregori si è però rammaricata che “non vi sia ancora un approccio comune” al problema convinta che “lo statu quo” non sia più accettabile e che sia necessario un compromesso tra i paesi di prima accoglienza, che subiscono una forte pressione, e gli altri geograficamente più lontani dagli sbarchi. La Commissione europea sta intanto preparando un “Patto per la migrazione” ma il documento, previsto per il primo trimestre del 2020 sta slittando sine die. Nel 2015 il problema dei flussi migratori aveva fatto emergere le fortissime divergenze tra i 27. Al momento, presa dall’urgenza di affrontare la crisi del coronavirus, l’Ue sembra non affrettarsi su questo dossier ritenuto esplosivo.