Reggio Emilia – Le responsabilità dirette del genocidio sono chiare: Adolf Hitler, il partito nazista, le SS di Heinrich Himmler (Heinrich Luitpold Himmler (1900 – 1945), Reichsführer delle Schutzstaffeln, comandante della polizia e delle forze di sicurezza del Terzo Reich).
Qualche data significativa:
– Nel Mein Kampf, scritto nel 1925, Hitler, mentre è in prigione, sviluppa la tesi del “pericolo ebraico”: una cospirazione ebraica internazionale il cui obiettivo è ottenere la supremazia nel mondo (e, tra l’altro,annovera Mussolini tra i grandi uomini del mondo).
– Settembre 1935: vengono promulgate le Leggi razziali, note come Leggi di Norimberga
– Novembre 1938: i nazisti scatenano violenti pogrom, “La notte dei cristalli”.
– Gennaio 1942: Conferenza di Wannsee, nella quale Reinhard Heydrich presenta il progetto per la “soluzione finale della questione ebraica”; Adolf Eichmann redige il verbale della Conferenza. Inizia lo sterminio di massa. (Reinhard Tristan Eugen Heydrich (1904 –1942), Obergruppenführer-SS. Morì in seguito a un attentato organizzato da partigiani cecoslovacchi).
Ma esistono anche altre responsabilità, oltre a quelle naziste; ricordiamo le più significative.
Non solo le SS tedesche organizzarono ed effettuarono il massacro di ebrei, zingari, comunisti. In alcuni degli Stati alleati della Germania le organizzazioni fasciste terrorizzarono, derubarono e uccisero gli ebrei. La Guardia Hilinka, in Slovacchia, la Guardia di Ferro in Romania, gli Ustascia in Croazia e le Croci Frecciate in Ungheria furono responsabili della morte di migliaia di ebrei all’interno delle proprie nazioni. In questi e altri stati, personale militare, insieme a varie forze di polizia, ebbero un ruolo fondamentale nell’espropriazione dei loro beni, nella loro cattura e successiva deportazione. In Ungheria, Slovacchia, Croazia, Bulgaria e nella Francia di Vichy la polizia e l’esercito svolsero un ruolo fondamentale nella realizzazione della politica tedesca di deportare gli ebrei verso i centri di sterminio dell’est.
Il governo degli Ustascia, in Croazia, costruì i propri campi di concentramento; alla fine del 1942 più di due terzi degli ebrei croati (circa 25.000) erano stati uccisi; la polizia croata e la milizia ustascia uccisero anche tra i 330.000 e i 390.000 Serbi.
Nel 1942 gli slovacchi deportarono circa l‘80% della popolazione ebraica, in collaborazione con i Tedeschi.
La Bulgaria collaborò alla deportazione; le autorità bulgare però, in seguito all’opposizione dimostrata sia dalla popolazione che da alcuni membri del governo, si rifiutarono di deportare gli ebrei che risiedevano nel paese.
In Romania furono uccisi o deportati ebrei rumeni e ucraini, ma non quelli che risiedevano nelle province principali del paese.
Il governo fascista emanò le sue leggi razziali nel 1938, ma la persecuzione antisemita non assunse la ferocia di quella nazista, almeno fino all’occupazione del paese da parte dei tedeschi; gli ebrei italiani erano solo 50000, ben assimilati, con molti matrimoni misti. Una delle conseguenze per gli ebrei fu la perdita degli impieghi statali; quando i professori ebrei furono espulsi dalle Università, i loro colleghi non protestarono, anzi, alcuni, soddisfatti, occuparono le posizioni che si erano liberate. Il governo rifiutava di lasciar deportare gli ebrei italiani e anche quelli dei territori francesi occupati. La situazione mutò dopo il settembre 1943, quando l’Italia si arrese agli Anglo-americani e i tedeschi occuparono il Paese e instaurarono il governo fantoccio della Repubblica Sociale Italiana; allora l’apparato di polizia, GNR e Brigate Nere collaborarono alle retate.
Il governo della Francia di Vichy cooperò con i tedeschi promulgando lo Statut des Juifs, che definiva gli ebrei come razza a sé e ne limitava i diritti, arrestò sia ebrei stranieri che francesi, facilitò la deportazione degli ebrei che risiedevano in Francia ma provenivano da altre nazioni.
Lituani, lettoni, ucraini, rumeni, polacchi, autonomamente o inquadrati nelle SS e nella polizia ausiliaria, contribuirono efficacemente ai pogrom, ai rastrellamenti e alle esecuzioni, fornirono personale alle SS nei campi di sterminio e furono coinvolti nelle uccisioni con il gas di centinaia di migliaia di ebrei. Ad esempio, nel giugno 1941 nazionalisti lituani si macchiarono a Kaunas di alcune delle azioni più violente e brutali di tutta la Shoah; nel luglio 1942 due battaglioni lettoni collaborarono al rastrellamento del ghetto di Varsavia; un battaglione di ucraini venne impiegato nella battaglia dello stesso ghetto; il loro comportamento, quando furono scatenati sulla popolazione civile polacca durante l’insurrezione di Varsavia dell’autunno 1944, fu terrificante. Perfino un vescovo lituano vietò al clero di aiutare gli ebrei.
Il Muftì di Gerusalemme, Hajj Amin al-Husayni, trasmise da Berlino nei paesi arabi propaganda a favore dell’Asse, e continuò a produrre e distribuire propaganda anti-sionista e anti-Israele anche dopo la guerra. Per venire incontro ai suoi desideri, verso la fine del 1943 Himmler arruolò nelle SS volontari musulmani, formando tre divisioni.
Nel 1943 300.000 ucraini presentarono la richiesta di entrare nelle SS; 30.000 di essi vennero accettati.
Alla fine della guerra 25 delle 38 divisioni della Waffen-SS erano formate da personale volontario straniero, per una percentuale superiore al 50% .
I francesi della divisione Charlemagne, assieme ai norvegesi della Nordland furono tra gli ultimi difensori della Cancelleria del Reich durante la Battaglia di Berlino nell’aprile-maggio 1945, e gli ultimi soldati ad arrendersi alle truppe dell’Armata Rossa.
Le truppe straniere nella Wehrmacht furono unità militari che servirono come volontarie; i lituani fornirono alla Wehrmacht cinque battaglioni addetti alle costruzioni e un reggimento di polizia.
Dopo i pogrom del 1938, le nazioni dell’Europa occidentale e delle Americhe temettero un’ondata di rifugiati. Circa 85.000 rifugiati ebrei (dei 120.000 che espatriarono) raggiunsero gli Stati Uniti tra il marzo del 1938 e il settembre del 1939, ma il numero di immigrati era molto inferiore quello di coloro che cercavano asilo, più di 30000 nel giugno del 1939; la maggior parte non ottenne mai il visto. Alla Conferenza di Evian, nel luglio del 1938, la Repubblica Dominicana fu l’unico paese a dirsi disposto a ricevere un alto numero di rifugiati, ma poi anche la Bolivia, tra il 1938 e il 1941, accolse circa 30.000 emigrati ebrei.Nonostante gli appelli di molte personalità, nessuna delle maggiori potenze prende misure di ritorsione, né provvede a fornire vie di scampo al gran numero di perseguitati. Svezia e Paesi Bassi accolsero bambini ebrei e finanziarono l’emigrazione di un certo numero di persone; la Francia dichiarò di non voler favorire l’emigrazione degli ebrei del Reich; l’URSS assunse un atteggiamento dilatorio; Roosevelt si limitò a esprimere l’indignazione del suo paese. Anni dopo il governo svizzero chiuse le frontiere agli ebrei francesi.
In seguito perfino Hitler finse di indignarsi “E’ uno spettacolo vergognoso vedere come oggi il mondo democratico pianga lacrime di pietà, ma poi, malgrado le sue promesse di aiuto, chiuda il cuore allo sventurato popolo ebreo torturato”; in quel periodo, e fino all’inizio della guerra, la Germania sostenne la politica dell’emigrazione.
Un caso che fece molto scalpore: nel 1939 gli Stati Uniti rifiutarono di accogliere 939 profughi ebrei salpati nel maggio da Amburgo a bordo della St. Louis. La nave apparve al largo delle coste della Florida dopo che le autorità cubane avevano negato il permesso di sbarco. Vistosi negato anche il permesso di sbarcare negli Stati Uniti, la nave fu obbligata a fare ritorno in Europa.
Il Capitano Gustav Schröder negozia il permesso di sbarco per con ufficiali Belgi nel porto di Anversa.
I governi di Gran Bretagna, Francia, Olanda e Belgio accettarono di accogliere una parte dei passeggeri in qualità di rifugiati. Dei 908 passeggeri che rientrarono in Europa, 254 morirono durante l’Olocausto; 288 passeggeri trovarono invece rifugio in Gran Bretagna. Dei 620 che rientrarono nel continente, 366 sopravvissero alla guerra.
Nella seconda metà del 1941, nonostante le notizie degli stermini di massa perpetrati dai nazisti fossero filtrate in occidente, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti pose limiti ancora più rigidi all’immigrazione. Nonostante le restrizioni britanniche, un numero limitato di ebrei immigrò illegalmente in Palestina. La Gran Bretagna ridusse l’ammissione di profughi nei propri confini ma permise l’ingresso di 10.000 bambini ebrei grazie ad uno speciale programma.
Forni crematori del campo di Auschwitz. (*** )
Gradualmente notizie sempre più fitte e accurate sullo sterminio e le atrocità naziste giungevano da varie fonti. I piani di salvataggio, avanzati e discussi a varie riprese nel corso del 1943 in diversi incontri internazionali, anche sotto la pressione delle organizzazioni ebraiche, venivano via via scartati di fronte a reali o supposta difficoltà logistiche o politiche. Nel frattempo, ogni giorno gli ebrei venivano assassinati; solo ad Auschwitz, tra il maggio e il novembre 1944, venne assassinato mezzo milione di ebrei.
Nel marzo 1937 Papa Pio XI aveva pubblicato la lettera enciclica “Mit brennender Sorge”, nella quale la Chiesa Cattolica prende indirettamente le distanze dal nazismo; l’anno seguente pronunciò un’omelia nella quale denunciava la violazioni del Concordato e criticava violentemente il razzismo. Nessuna critica venne invece dal suo successore Pio XII (Papa Pacelli), per il quale, forse, l’anticomunismo nazista rendeva il nazismo ”se non proprio auspicabile, almeno non totalmente inaccettabile” (Dieci lezioni sul nazismo – BUR, 1977). Riferimenti velati alla persecuzione apparvero nel messaggio natalizio del 1942, ma complessivamente il papato serbò il silenzio: Pio XII non ebbe la statura morale per lanciare la sfida. Osservò il silenzio perfino di fronte alla deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma (ottobre 1943) malgrado le molte suppliche. Perfino l’ambasciatore del Terzo Reich presso la Santa Sede, von Weizsacher, osservò: “Benché pressato da ogni parte, il Papa non si è ancora lasciato trascinare ad alcuna riprovazione dimostrativa a proposito della deportazione degli ebrei di Roma”.
L’attività umanitaria del Vaticano, invece, fu prudente e discreta, ma intensa: diede asilo a molti ebrei e incoraggiò sacerdoti e frati a fare lo stesso. Solo dopo la liberazione di Roma (4 giugno 1944) il Papa abbandonò un po’ della sua prudenza; per esempio, consigliò al Nunzio apostolico a Budapest di far pressione sull’episcopato ungherese affinché difendesse gli ebrei.
La Croce Rossa, come il Vaticano, non se la sentì di fare una protesta pubblica di fronte allo sterminio, preoccupata di peggiorare la situazione, ossia la possibilità d proteggere i civili e di distribuire pacchi di viveri agli internati.
- *** Gli stessi ebrei, in determinate situazioni, ebbero anche un ruolo nella loro stessa distruzione.(^).
(^) Raul Hilberg: La distruzione degli ebrei in Europa. Einaudi, 1995.
Nei territori occupati, nel 1939/40, vennero istituiti o ampliati i ghetti, destinati a raccogliere gli ebrei della zona. Gli ebrei furono chiamati a eleggere i Consigli dei ghetti (Judenrat), formati da 12 o 24 membri, in relazione della consistenza numerica del ghetto; in generale le persone più influenti. I Consigli organizzavano la vita nel ghetto, assegnavano gli spazi abitativi, distribuivano il poco cibo, destinavano la mano d’opera per il lavoro forzato, si occupavano dell’istruzione e della sanità; tentavano così di alleviare le sofferenze, di combattere la massiccia mortalità che colpì i ghetti, di proteggere la loro comunità dagli abusi e dalle violenze. Dovevano trasmettere gli ordini delle SS, utilizzare la polizia ebraica per eseguirli, fornire gli elenchi dei beni degli ebrei e consegnarli a richiesta, fornire gli elenchi delle persone per i lavori forzati. Divennero così sempre più esecutori affidabili della volontà dei nazisti, piegandosi a tutte le loro esigenze. In molti casi formavano i consigli incaricati di fornire gli elenchi per le deportazioni, nella speranza di colpire solo alcune categorie (poveri, comunisti) risparmiandone altre. Ausiliari ebrei aiutarono le SS nella cattura delle persone a ciò destinate; la giustificazione, a volte, fu che così la vicenda sarebbe stata meno traumatica. Il Rabbino capo dell’Associazione degli ebrei tedeschi ammise di aver autorizzato questo perché gli ausiliari “avrebbero potuto mostrare più dolcezza e comprensione della Gestapo e rendere la cosa più sopportabile”.
Lo Judenrat godeva anche di privilegi; potevano conservare alcune comodità domestiche e restare esenti dalle molestie; clientelismo, favoritismi e corruzione si diffusero.
A parte ogni altra considerazione, il fatto che i campi fossero governati prevalentemente dagli stessi prigionieri risparmiava l’uso del prezioso personale delle SS (*).
La complicità degli Judenrat, che si palesava via via che il processo Eichmann prendeva consistenza, tuttavia non può essere considerata come collaborazione attiva, volontaria, di pari grado e responsabilità a quella nazista dello sterminio.
(*) Roger Maxwell e Heinrich Frank: La soluzione finale. Longanesi, 1968.
*** E, terminata la guerra, cosa accadde? Due esempi.
Nell’estate 1945, quando già si sapeva del genocidio nazista, nelle repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale vi furono esplosioni di antisemitismo; in settembre a Kiev (Ucraina) gli ebrei furono aggrediti e i disordini proseguirono per diversi giorni.
Operazione Oasis: Exodus è il nome della nave che nel 1947 fu incaricata di trasportare gli ebrei che partivano illegalmente dall’Europa per raggiungere la Palestina. Nel porto di Sète caricò 4515 passeggeri (tra cui 1282 donne e 1672 tra bambini e ragazzi) e ripartì la mattina dell’11 luglio; durante il tragitto la nave fu sempre sotto il controllo di diversi cacciatorpediniere inglesi. Alle 2 del mattino del 18 luglio gli inglesi contattarono la Exodus per cercare di convincere il capitano ad interrompere il viaggio verso la Palestina; la richiesta venne ignorata e la nave fu attaccata.
I clandestini vennero fatti prigionieri e chiusi in campi di concentramento a Cipro; in seguito furono caricati su tre navi, e rimandati in Francia, a Port-de-Bouc. Il governo francese decise di concedere asilo ai clandestini qualora avessero deciso di sbarcare; solo 138 ebrei decisero di lasciare le navi, gli altri rifiutarono, dichiarando che la loro unica volontà era quella di raggiungere la Palestina. Vista l’impossibilità di far scendere i clandestini, il governo britannico li trasferì in Germania (22 agosto). Il 7 settembre le navi arrivarono al porto della città tedesca di Amburgo e il giorno successivo fu organizzato lo sbarco con lo schieramento di forze militari. L’operazione Oasis si concluse con lo sbarco forzato degli ultimi passeggeri e un bilancio di 27 feriti e 50 arresti. I clandestini sbarcati vennero caricati su treni e divisi in due campi di concentramento. I Britannici, vedendo che dopo settimane gli emigranti continuavano a rifiutarsi di andare in Francia, dimezzarono le razioni giornaliere e disattivarono i riscaldamenti, scatenando la stampa mondiale che paragonò le loro condizioni di vita a quelle dei campi tedeschi.