Firenze – Apparenza e finzione, ambiguità delle parole, generi che continuamente si scambiano ruoli e capacità seduttiva e che suscitano dunque sentimenti del tutto a prescindere dall’aspetto che assumono. Per il regista Pier Paolo Pacini la Dodicesima Notte, una delle ultime commedie di William Shakespeare, è l’opera più contemporanea del Bardo, una sorta di manifesto della fluidità, della società liquida del terzo millennio.
Ed ha perfettamente ragione visto che Twelfth Night è una sorta di compendio geniale di tutti gli “errors”, gli equivoci che sono nello stesso l’elemento più destabilizzante e più intrigante dell’esistenza degli esseri umani. Gli equivoci voluti o subiti, le burle e le dichiarazioni d’amore, l’apparenza e la sostanza dei sessi, i travestimenti e le nudità. Soprattutto i tranelli della lingua, con le sue innumerevoli ambiguità. Se le parole sono cariche di falsità, non si possono più usare per fare affermazioni veritiere, dice il Buffone.
Shakespeare parte dai gemelli della sua giovanile Commedia degli errori, ma qui raggiunge vette drammaturgiche nel continuo intrecciarsi di situazioni, di illusioni, di inganno e realtà. Senza dimenticare il fatto che secondo gli studiosi, si sovrappongono caricature sulla società inglese che va ben oltre i tempi della Regina Elisabetta I.
Interpretando intelligentemente la linea drammaturgica e concettuale della commedia, Pacini ha messo in scena la Dodicesima Notte nella traduzione di Orazio Costa nel Saloncino Paolo Poli della Pergola che ha incontrato il favore di un pubblico per lo più giovanile anche grazie al talento degli attori (Federica Lea Cavallaro, Marco Santi, Luca Pedron, Greta Bendinelli, Fabio Facchini, Federico Serafini, Manuel D’Amario, Maddalena Amorini, Giulia Weber, Davide Arena).
Per accentuare la modernità degli “errori” il regista ha trasformato il palazzo di Olivia di un luogo posticcio chiamato Illiria, in una sorta di discoteca (anche la danza entra di diritto nei fattori di equivoci) piena di specchi e di luci colorate. Qui l’azione si accompagna a brani musicali che fanno parte della cultura pop occidentale.
Sullo sfondo un video che mostra uno zoom graduale su una forma che potrebbe essere un’isola e che nel graduale ingrandimento mostra di essere uno strano paesaggio dove tutto sembra in movimento, pur restando nella sostanza sempre uguale e ripetitivo.
In questa scena disegnata da Fran Bobadilla si muovono i due intrecci, gli amori incrociati e simmetrici, tra maschi e femmine: l’amore non corrisposto di Orsino per Olivia che si innamora del suo servo che è Viola travestita da uomo, quello interessato e ipocrita del maggiordomo Malvolio per la sua padrona (che Pacini fa interpretare da un’attrice per sottolineare ancora di più il carattere fluido e transgender dei rapporti umani) . Ci sono poi i due cavalieri burloni e ubriaconi, che con il Buffone esprimono nei giochi di parole, nei travestimenti, nella comicità fracassona, il carattere antipuritano e vitalistico della commedia. Confermato dal fatto che alla fine tutti possono gioire dei loro amori corrisposti.
Foto di Filippo Manzini