Firenze – E’ con una nota dell’assessore al welfare del Comune di Firenze Sara Funaro che sembrerebbe aver termine la vicenda, cominciata ieri mattina con lo sgombero dello stabile di via Baracca. La complessa operazione si è conclusa portando all’accoglienza temporanea, tra ieri e oggi, di una sessantina di persone, tra cui persone fragili. “Ringrazio la Direzione Servizi sociali del Comune – ha detto l’assessore Funaro – che con gli assistenti sociali sono intervenuti in via Baracca, trattando le varie situazioni personali per garantire l’accoglienza ai soggetti che, ad una prima analisi, sono apparsi i più fragili e offrire un’accoglienza temporanea alle persone la cui situazione personale è in fase di prossima valutazione”, infatti per alcuni potrebbero aprirsi le porte dello Sprar.
Sono 73 circa, le persone della comunità somala che, dopo lo sgombero di ieri (https://www.stamptoscana.it/sgombero-dei-somali-di-via-baracca-futuro-incerto-e-tende-per-strada/,) si trovavano stamattina ancora attestati in strada, con le tende sul ponte all’inizio di via Baracca. A differenza di quanto diffuso in queste ore, la maggioranza dei somali che si trovava in stallo sul ponte, non è clandestino, bensì ha già seguito percorsi, ha asilo politico, molti sono i richiedenti e coloro che godono di protezione sussidiaria internazionale. Mentre proseguiva la mediazione da parte dei servizi sociali per trovare una sistemazione che venisse accettata da coloro che avevano deciso di passare la notte in strada, l’assessorato al Welfare del Comune di Firenze con la direzione servizi sociali e con la collaborazione della Caritas, ha fornito pasti caldi a coloro che si trovavano sul ponte che collega piazza Puccini a via Baracca. Il luogo era stato occupato molti anni fa con il sostegno del Movimento di Lotta per la Casa, che storicamente ha sempre sostenuto le istanze della comunità somala. Presenti, a sostegno della comunità somala, sia MEDU, che è 10 anni che segue dal punto di vista sanitario i componenti della comunità, sia SiCobas con il suo leader Luca Toscano, oltre a un piccolo gruppo di IAM. Da parte del Comune, era rimasta ancora aperta la disponibilità di accogliere per circa due settimane, una trentina di persone, oltre ai dieci già messi in struttura sempre a temo determinato, all’Albergo Popolare.
Il problema che investe la comunità somala non è tuttavia di ora. Sono decenni infatti che si pone, e solo negli ultimi 5 anni sono stati messi in atto 3 sgomberi. La questione è particolarmente delicata in quanto la maggioranza dei somali giunti a Firenze scappando dalla guerra e attraversando il mare hanno asilo politico, sono rifugiati o stanno attendendo la risposta alla richiesta. Tanti hanno già seguito percorsi che tuttavia, una volta terminati, non hanno dato risposta alle questioni più importanti, fra cui la casa. Non solo: come spiegano gli operatori di Medu, molti somali sono sotto protezione sussidiaria internazionale. Cosa significa? La protezione sussidiaria è un’ulteriore forma di protezione internazionale, per cui chi ne è titolare, pur non possedendo i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, viene protetto in quanto, se ritornasse nel Paese di origine, andrebbe incontro al rischio di subire un danno grave. Tutto ciò configura precisi protocolli internazionali di aiuto, che dovrebbero spingere sia lo Stato italiano che le entità territoriali a dare seguito alle convenzioni internazionali in materia. Non solo. Se volessero lasciare l’Italia, come ricorda Marzia Mecocci del Movimento di Lotta per la Casa e come alcuni hanno provato cercando magari di raggiungere parenti dislocati in altri paesi europei, non potrebbero, in quanto il primo luogo d’approdo su suolo europeo è il nostro paese. Dunque, vengono intercettati e rimandati in Italia secondo quello che è stato chiamato “sistema di Dublino”, che in buona sostanza si basa sul principio del primo paese d’arrivo, secondo cui lo stato responsabile per l’esame della richiesta è quello d’ingresso nell’Unione. Un sistema che prese il via dal primo accordo di Dublino, stipulato fra 12 paesi dell’Unione, per poi contare il Dublino II, che di fatto lasciava intatto il principio del primo Paese, poi il Dublino III, entrato in vigore il 1 gennaio 2014, che comunque lascia intatto il principio del primo paese d’approdo. Infine, la riforma che doveva far saltare in qualche modo questo principio che penalizza i paesi più meridionali europei non è mai stata attuata, ma è stato raggiunto un accordo minimo sulla gestione dei flussi migratori, che prevede il ricollocamento dei migranti tra i paesi europei su base volontaria e non affronta il tema dell’asilo.
Se questa è la situazione di molti di loro, allo stato delle cose tantissimi sono nella condizione di lavoratori poveri, uno status che purtroppo non riguarda nè provenienza nè colore della pelle, in quanto è la stessa di molti italiani. Lavoratore povero significa, come spiegato spesso su queste pagine, qualcuno che pur lavorando non ha la possibilità, per la misera entità della busta paga o, se al nero, dello stipendio che viene riscosso, di accedere al canone corrente sul mercato per quanto riguarda l’abitazione. Sul punto, Luca Toscano, SiCobas, spiega molto chiaramente come stanno le cose, partendo dalle prospettive offerte agli sgomberati che hanno passato la notte in strada: “Come tutte le altre volte, non c’è una prospettiva per queste persone, nel senso che il Comune si è limitato ad offrire un’accoglienza temporanea”. E poi?
Il rischio potrebbe essere che tutto si risolva con un’ennesimo spostamento, anche se tuttavia c’è da tener conto delle “prossime valutazioni delle situazioni personali”. Insomma chi lavora perché non potrebbe essere aiutato a trovare un affitto, che, mgari calmierato, potrebbe onorare? “Quello che sta accadendo oggi nel dramma di 73 persone rimaste in strada con ancora l’emergenza covid in corso, costrette a violare anche il coprifuoco delle 23, è l’emersione di una realtà che esiste in questa città, che si vede poco, di centinaia di persone che qui vivono, vengono da luoghi di guerra, qui lavorano e pagano le tasse”.
Infatti, fra i vari profili, come confermano anche gli operatori sanitari di MEDU, i lavoratori sono tanti, alcuni lavorano nelle concerie, altri come braccianti agricoli nelle campagne fiorentine, “ci sono anche lavoratori nelle manutenzioni stradali – spiega Toscano – persone che non riescono ad accedere al mercato degli affitti, per due motivi che si sommano: uno, che riguarda tutti i cittadini compresi gli italiani, che è diventato difficilissimo con i contratti in uso essere reputati “affidabili” da un’agenzia immobliare, dal momento che i contratti non sono ritenuti abbastanza “forti” da dare sicurezza, ma il secondo problema assume profili razzisti, in quanto per un immigrato o rifugiato, entrare in un’agenzia con un contratto firmato è pressoché impossibile”.
Tanti problemi, non solo strettamente legati alla condizione dei somali, che richiederebbero risposte precise e forti. “Stiamo sostenendo da ieri la richiesta dei ragazzi di fare un censimento, dal momento che nessuno ad ora lo ha fatto, c’è stata solo un’identifiazione di polizia delle persone presenti nello stabile al momento dello sgombero, che oggi non può, come sta facendo il Comune, essere preso a riferimento come numeri per il bisogno abitativo, in quanto la metà delle persone, al momento dello sgombero, era a lavorare”.
Quindi la richiesta è: trovare urgentemente un tetto sotto cui ricoverare queste persone, e avviare dei percorsi che puntino alla stabilità. “Ormai si tratta di una storia lunghissima – conclude Toscano – che ogni volta che si arriva a questo punto, fa emergere la realtà che tutti i progetti che sono stati messi in campo fino ad ora e qualcuno è costato anche tanti soldi, non hanno prodotto niente in termini di garanzia di un futuro stabile e dignitoso per queste persone”. Fra i punti fondanti quello di sostenere questi lavoratori poveri nella ricerca di affitto.
In serata è giunta una nota della Prefettura: “Il Prefetto di Firenze Alessandra Guidi – si legge – esprime forte apprezzamento alle Forze dell’Ordine e al Comune di Firenze per l’equilibrio e la professionalità con cui sono state portate avanti le operazioni di sgombero dell’immobile occupato abusivamente in via Baracca a Firenze”
“Le attività sinergiche di Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco, Polizia Locale e Amministrazione Comunale hanno consentito di restituire l’immobile sottoposto a provvedimento di sequestro preventivo dell’Autorità Giudiziaria, alla proprietà, contemperando la restituzione con le esigenze delle persone in condizioni di fragilità, assistite dal Comune e dai Servizi Sociali in percorsi di accompagnamento. L’operazione rientra nell’ambito delle iniziative volte al ripristino della legalità sul territorio provinciale e si inserisce all’interno di un percorso condiviso, coordinato dal Prefetto di Firenze Alessandra Guidi, secondo le direttive del Ministero dell’Interno”.