Firenze – In scena stamattina a Firenze una nuova puntata del dramma degli sfratti, che nel capoluogo sono giunti quasi a 150 al mese. Due necessità di fronte, due malattie a contrasto, in lotta feroce fino al rinvio che è stato concesso per incidente d’esecuzione. Uno sfratto emblematico, un confronto fra le famiglie molto duro, Presente, la forza pubblica.
Una malattia altamente invalidante, l’impossibilità di lavorare, un reddito di cittadinanza giunto in ritardo di un anno, l’età avanzata. Non è un “occupabile” il signor Jafar, che con la moglie, che capisce molto poco e parla ancor meno l’italiano, si è trovato nelle condizioni di non potere più pagare l’affitto in un piccolo appartamento in una zona molto appetibile della città, appena fuori dalla cerchia dei viali. E’ vero che ha ottenuto il reddito di cittadinanza, ma è anche vero che, nonostante le condizioni economiche disagiate, dovute in buona parte all’impossibilità di lavorare in conseguenza alle gravi patologie che cartelle mediche alla mano e segni visibili sul corpo, esibisce, le cure mediche devono essere, seppure in parte, pagate. E da quel reddito deve uscire anche il vitto, qualche bolletta fin dove si può, le condizioni minime indispensabili per campare. Condizioni sociali fragili che, con l’aiuto dell’Unione Inquilini sono state riconosciute dall’amministrazione, dal momento che la famiglia si trova al sesto posto nella graduatoria Erp (la domanda è stata fatta nel 2022, ovvero nell’anno in cui, dopo un lungo perodo di assenza, il concorso è stato bandito), ma, grazie all’emergenza abitativa, si trova posizionato secondo in quest’ultima graduatoria. Dunque, ormai a un soffio dall’assegnazione di una casa popolare.
Dall’altro lato, la famiglia proprietaria, non di Firenze, che, dal momento che il figlio, insegnante precario, ha ricevuto un posto di lavoro in una scuola della provincia fiorentina, vuole tornare in possesso dell’appartamento. Infatti il figlio, che ha moglie e figlia piccola, è costretto a pagare a sua volta l’affitto. Senza contare che anche i due genitori, anziani, hanno feroci problemi di salute. Da tre anni non vedono il canone, ma, in compenso, devono pagare, oltre alla tasse, il condominio. La trattativa procede, vola qualche insulto da una parte e dall’altra. Presente, anche l’avvocato che ha seguito il caso per l’U.I. e un altro legale. Per la famiglia proprietaria, il proprio legale. Si arriva a formulare una controproposta: dal momento che l’assegnazione dovrebbe ormai essere alle porte, i proprietari offrono di pagare due mesi alla coppia in un bed and breakfast. Tuttavia, sono troppe le incognite, dal timore che la scelta possa essere controproducente per la graduatoria nell’emergenza sfratti, al sospetto che, nel momento in cui si esce, si rischi di trovarsi nel bel mezzo della strada, per di più con i problemi di una salute squassata dalla presenza di una patologia oncologica ormai avanzata. E quindi, la coppia rifiuta.
Il terzo soggetto di questa triangolazione è l’amministrazione comunale che, pur arrivando a riconoscere il diritto dello sfrattando alla casa, non ha ancora provveduto all’assegnazione. Un problema di carenza di alloggi, nonostante sia ormai noto che ci sono circa 700 case vuote ma non assegnabili per ragioni di mancanza di fondi per la riqualificazione, nel patrimonio delle case popolari fiorentine.
“I grandi scogli in queste situazioni sono di due ordini – dice l’avvocato Pietro Pierri, segretario dell’Unione Inquilini che assiste la famiglia sfrattata – il primo, il fatto che l’ente amministrativo si ritrovi impreparato davanti a queste situazioni, che sono ormai di ordine quotidiano, con il peggioramento dovuto all’uscita dai due anni di sospensione degli sfratti durante l’epidemia, allarme che avevamo lanciato in tempi non sospetti; il secondo, l’assenza sul luogo da parte del Comune, il suo non farsi carico delle vicende dei suoi cittadini, l’abbandono a se stessi dei fragili proprio nel momento culmine in cui la famiglia si ritrova in balia degli eventi”. Un abbandono, che, prosegue Pierri, “non è solo nei confronti dei soggetti deboli socialmente ed economicamente, ma anche dei proprietari privati, i quali si trovano da soli, a loro volta, a doversi sobbarcare di situazioni che richiedono un deciso intervento da parte pubblica”. Insomma, i privati si ritrovano a dovere sostenere, con le loro forze, una funzione di supplenza nel ruolo di fornitori di welfare. “Si tratta di una modalità che voglio definire antisistema due volte – dice ancora Pierri – da un lato perché corrode la fiducia nelle istituzioni da parte dei fragili che si sentono abbandonati a loro stessi, dall’altro perché provoca lo stesso sentimento di abbandono da parte dei privati piccoli proprietari, che non si ritengono, allo stesso modo, tutelati nel loro diritto”.
“Questa temperie – conclude Marzia Mecocci del Movimento di Lotta per la Casa, presente questa mattina allo sfratto con Sandro Targetti, della Rete Antisfratto Fiorentina – ha una ricaduta evidente di aumento di odio e di disgregazione nel tessuto sociale del Paese, dal momento che mette in competizione durissima due bisogni, senza che poi la politica sia in grado di dare risposte. Tutto questo, a valle di un momento, quello della pandemia, in cui, se ci fosse stato un briciolo di volontà politica, si sarebbe potuto attrezzarsi in vista della ripresa delle esecuzioni e della facile previsione del fisiologico aumento dell’emergenza.Ciò che colpisce è davvero questa inadeguatezza, la sensazione reale dell’incapacità, da parte della politica, nel dare soluzioni. Il che, del resto, la dice lunga sull’ incapacità della classe politica nel suo complesso di cogliere davvero la realtà che si vive nel Paese”.
In foto, Pietro Pierri durante un intervento