Firenze – Dopo il tradizionale fermo di agosto, riprendono a tamburo battente gli sfratti di settembre. Saltata la possibilità di un nuovo blocco causa elezioni, si torna ai numeri. E i numeri non lasciano tranquilli: a settembre sono stati fissati ben 110 sfratti con l’intervento della forza pubblica.
“Capisco che chiedere il blocco degli sfratti nuovamente, dopo due anni di pandemia in cui è stato attuato il fermo, poteva apparire difficile – dice Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia – tuttavia il provvedimento poteva non apparire improvvido alla luce della tensione sociale che si sta accumulando sul probelma abitativo”. Anche perché, il punto è: al netto di tutte le difficoltà del momento, come si potrà fronteggiare la nuova ondata di sfratti, davanti alla facile previsione che l’aumento del tasso dei mutui potrebbe scatenare altre morosità?
Nel paniere dei casi simbolo che conducono allo sfratto, emblematica la vicenda di un signore di 87 anni che ha smesso di pagare una parte dell’affitto dal momento che si è trovato a dover aiutare un figlio che ha perso il lavoro, entrando fatalment in morosità. Casi anche di locazioni temrinate, che tuttavia non vedono il rilascio dell’appartamento in quanto non hanno possibilità di pagare che canoni ormai impossibili da ritrovare, anche se si arriva alle 5-600 euro al mese. Molti che si trovano a un pelo dalla strada hanno affitti che si aggirano sugli 800 euro. Tanti continuano a pagare il possibile, ovvero si arriva ai 300 o 400 euro al mese. “Di più non si può”, sospira una signora, single, che ha ricmonciato a lavorare dopo che la pandemia l’aveva posta in cassa integrazione. Per due anni. Peggio stanno le famiglie che si sono ritrovate d aun giorno all’altro senza lavoro, che magari svolgevano un seminero, ovvero parte della retrivbuzione in busta, parte cash in mano. Per questi, sono saltate tutte le coperture, e ora si ritrovano magari con un nuovo lavoro ma con morosità pregresse, bollette non pagate, ecc. che si mangiano tutto ciò che guadagnano. Lasciandoli di nuovo a tasche vuote.
Il bollettino delle esecuzioni sembra di guerra e il problema è dunque lo stesso, ovvero che fare. “Per quanto riguarda il bando delle case popolari, siamo ancora ai ricorsi, che dovrebbero uscire a breve, e perciò siamo ancora in graduatoria provvisoria, mentre quella definitiva entrerà in vigore all fine dell’anno, inizi anno prossimo, con un numero di persone sempre più alto che smette di pagare il canone.
E’ il caso di Fiorella, una signora che finora ha pagato 900 euro al mese. La figlia che stava in casa con lei è andata per conto suo per abitare col suo compagno, e il fatto di perdere il suo stipendio nel bilancio famiglire conduce la madre a non farcela più. Quanto alla soluzione ordinaria, trovarsi un altro appartamento più piccolo e meno costoso, è un sogno ormai tramontato, dal momento che, come segnalano anche le agenzie immobiliari, la disponibilità di immobili a Firenze si è ridotta ulteriorment ein questi ultimi mesi. E quelli che restano, scontano affitti drogati dal mercato turistico degli affitti brevi, ripreso in grande spolvero. Più, il rincaro delle bollette ormai tangibile. Soluzione finale: smettere di pagare l’affitto. E non è la sola.
“Il problema è sempre più grave – continua Grandi – se si smette di pagare l’affitto non si rientra neppure nella morosità incolpevole, non potendo poi usufruire neppure di quelli che sono gli strumenti per la detta morosità”.
Allora? Allora, come dice Grandi, sta prendendo piede un pericolosissimo atteggiamento da parte non solo degli anziani, ma anche da parte di quelle generazioni che si collocano nella metà della vita, ovvero dei 50-60enni, che è la forma mentis del “si starà a vedere”.
Una sorta di fatalismo che dipende da molti se: “Se non sei abbiente, se non hai una rete famigliare in grado di sostenerti, se il lavoro ti lascia indietro causa età e competenze ormai troppo cambiate, cosa fai in questa città?” chiede Grandi, che sottolinea:”Il problema abitativo diventa sempre più questione nazionale, con la riforma della l.431, ovvero la legge sulle locazioni e i canoni concordati, e potrebbe avere alcuni sbocchi, ovvero l’eliminazione del mercato libero riportando tutto al concordato, oltre a mettere un freno agli affitti turistici. Un fenomeno quest’ultimo che sta continuando con nuova forza.
Ma il vero problema, sottolinea Grandi, è legato alla perdita totale di interesse del tema abitativo da parte della politica. “Ad ora – continua – la campagna elettorale non ha preso neppure in considerazione i temi dell’abitare, con una compattezza trasversale. Eppure, il punto è che bisogna ricominciare a considerare a tutti gli effetti il diritto alla casa come facente parte del paniere del welfare. Questo consentirebbe di godere di un capitolo di spesa fisso, da mettere in bilancio, su cui ricominciare a progettare un nuovo piano per la casa. Una necessità cui non si può continuare a derogare. Insieme alla riforma della legge 431, con la regolamentazione del mercato, e la necessità di procedere a un nuovo piano di edilizia popolare, magari con blocchi misti, dai canoni popolari al social housing, si deve cominciare a dare risposte”.