Firenze – Sfratti, l’Idra di Lerna mostra sempre nuove teste. Negli ultimi mesi infatti, secondo quanto segnala la segretaria del Sunia toscano Laura Grandi, si stanno infittendo i casi di persone che, causa il caro affitti e non volendo lasciare il centro cittadino, dove magari la famiglia risiede da generazioni, si eran risolti a stipulare contratti di affitto in case con qualche stanza in più, sopportando il caro canone con la condivisione con altre persone. E che ora si trovano sotto sfratto.
Il caso classico è quello del pensionato o della pensionata che con la magra o anche media pensione non riesce a pagare la pigione e dunque affitta una stanza o due agli studenti, a lavoratori pendolari, ma anche a turisti che restano solo qualche giorno nella nostra città. Il canone viene condiviso in vari modi, si possono avere pagamenti al 50% oppure con altre formule, ad esempio canone tutto a carico degli ospiti e bollette all’affittuario, naturalmente escludendo sempre un guadagno per l’operazione. Di fatto, si tratta del vero, primordiale bed and breakfast, o meglio, affitto breve con finalità di mero contributo per fronteggiare il costo dell’abitare nei centri storici delle città d’arte. Una modalità che ha permesso finora a tanti fiorentini di non essere obbligati a lasciare le zone del centro abbandonandolo alle logiche aggressive del turismo breve specializzato delle piattaforme. Il fenomeno ha preso piede in particolare a cavallo del 2018-2019, quando ci fu il boom turistico, ma era ben conosciuto anche in precedenza. Del resto, gli antesignani della formula frono i londinesi di metà ‘800, quando la rivoluzione industriale mescolò le carte e molti (a quell’epoca erano soprattutto vedove rimaste sole nelle grandi case vittoriane) cominciarono a subaffittare, in particolare a studenti e lavoratori, alcune stanze prestando anche, in quel caso, colazione e cena.
“I casi fiorentini si riferiscono sostanzialmente agli anni del boom turistico, quando anche i prezzi delle locazioni subirono le ben note impennate – spiega Grandi – molte persone decisero di prendere casa in affitto, più ampia rispetto alle loro esigenze, con affitti che si aggirano sui 1500 euro, con anche due stanze in più, da subaffittare risolvendo il problema dell’alloggio da un lato, e la volontà di rimanere in zona centro dall’altro. Dunque, continuare ad avere la possibilità di vivere in centro, splamando l’affitto sui subaffittuari”. In altre parole: casa grande con due stanze in più, affitto a 1500 euro, subaffitto di due stanze con gettito di 350 euro, più pensione (spesso non si tratta di persone con la classica pensione a 500 euro, anche in questo caso la provenienza sociale è quasi sempre di fascia medio-alta), si riesce a non uscire dalla propria zona di nascita e spesso di vita.

Tutto abbastanza bene, ma giunge il covid. Così, gli stranieri si dileguano, molti studenti pure, la domanda si vaporizza. Rimane tuttavia il canone nella sua interezza. Si cerca di ricontrattare col proprietario, almeno per il periodo di temporanea difficoltà. Niente. Si entra in morosità. Come già detto altre volte, il blocco degli sfratti non equivale al blocco del procedimento. Sblocco inevitabile, ci si trova già all’esecuzione dello sfratto.
“Il profilo più inquietante della situazione, al di là del disagio delle famiglie – continua Grandi – è che, pur in presenza di una ripartenza oggettiva del mercato, le persone stanno decidendo di andarsene dal centro, provocando così un’ulteriore emorragia di residenti storici. Insomma, al di là dell’aggravarsi della tensione abitativa, si è aperta un’altra falla nella direzione dello svuotamento del centro”. Insomma sotto i colpi della pandemia e del caro affitti, si sgretola una delle ultime dighe della tenuta del tessuto sociale del centro.
“Si tratta spesso di una scelta obbligata – continua Grandi – in quanto, nonostante la ripartenza del mercato, per i morosi causa forza maggiore non ci sono possibilità di riprendere la modalità pre covid, in quanto spesso sono gli stessi proprietari a non volerne sapere, dal momento che hanno interesse ad avere gli alloggi vuoti nella speranza di affittare a prezzi ancora più alti. Di fatto si approfitta dell’occasione per liberare gli appartamenti e ripartire con persone nuove”. Come mai, o meglio cui prodest? In almeno un caso lo stesso proprietario ha detto che non ha nessuna intenzione di affittare di nuovo con possibilità di subaffitto, ma che entrerà direttamente sul portale.
Negli ultimi mesi, agli sportelli del Sunia sono giunti almeno sei casi di questo genere. Per la maggior parte si tratta di anziani fra i 70 e gli 80 anni e oltre, ma c’è anche il caso di una famiglia e di un cinquantenne single. I contratti di affitto in questione prevedono tutti il subaffitto. Solo in un caso, il subaffitto è stato espressamente vietato nel contratto e la coppia che ha sottoscritto si è ritrovata con una casa sproporzionata alle sue esigenze senza la possibilità di condividere il canone. “Analizzando questo nuovo fronte – conclude Grandi – le persone che si ritrovano senza casa non hanno la possibilità di ritrovare alloggio non solo in centro, ma spesso neppure a Firenze, anche perché i canoni d’affitto, per quanto ci riguarda, hanno subito un nuovo rialzo che li ha riportati a un livello insostenibile per lavoratori di fascia media, famiglie con bambini, pensionati. Non vorrei giocare il ruolo della Cassandra, ma temo che ci sarà un nuovo crollo delle residenze a Firenze”. Senza contare che questi casi, che colpiscono anche fasce di un certo benessere econmico, sottolineano un atro segnale, ovvero che, se l’incubo sfratti ormai non risparmia nessuno, sta accelerando la spinta potenziale di distruzione del tessuto sociale urbano tradizionale.