Firenze – La Toscana tira le fila e col Terzo Rapporto sui Servizi sociali che è stato presentato oggi a Palazzo Strozzi Sacrati consegna una fotografia della situazione che, nonostante le criticità emergenti, è tutto sommato positiva. A partire dal dato delle persone che operano professionalmente nell’ambito dei servizi sociali, che sono oltre seimila; un dato in piena crescita rispetto al 2020 quando gli operatori erano oltre mille in meno. Dato tuttavia che sconta il fatto che i bisogni si siano allargati, siano cresciuti e divenuti più complessi. Un trend che induce in buna sostanza a perseguire due obiettivi: da un lato, l’azione sempre più multisciplinare e interdisciplinare di un pool di professionisti, dall’altro la semplificaizone e rafforzamento del PUA, il Punto Unico di Assistenza, che è dettato anche dai Livelli Essenziali di Prestazione. Ovvero, è un diritto del cittadino.
Una situazione che tuttavia, nonostante l’impegno costante, presente e futuro, della Regione, non può prescindere dalla rinnovata disponbilità del governo centrale a sostegno delle necessità del servizio. Tanto più in un periodo storico in cui si registra l’allargamento delle criticità anche a fasce sociali fino a pochi anni fa non toccate dal disagi, sia esso di tipo economico, sociale, educativo che di un mix dei bisogni, spesso agganciati fra loro.
Serena Spinelli, assessore regionale alle politiche sociali, non si tira indietro alla domanda di quanto impatti il dilagare delle povertà e l’accendersi dei bisogni anche in aree sociali nuove e finora salvaguardate, rispetto al sistema dei Servizi sociali toscani: “L’impatto è forte, perché, oltre al numero che è emerso nel Rapporto povertà e l’aumento delle fragilità delle famiglie, rende più complesso il bisogno. In buona sostanza, non siamo di fronte a una difficoltà che si esprime con la non autosufficienza, o con la gravissima marginalità, ma anche a situazioni di famiglie non abituate ad avere necessità di un rapporto con le istituzioni o con i servizi, e che invece si trovano ad avere una necessità di supporto. Dobbiamo essere in grado di ri-orientare quel supporto. Del resto, gli interventi sono stati tanti, dall’eliminazione del reddito di cittadinanza a quella del contributo in conto affitto, tutto ciò comporta che si allarghi l’area delle persone in necessità. E che aumenti la complessità”.
Una complessità che deriva anche dallo sfrangiarsi della tenuta sociale e su cui torna la presidente dell’Ordine degli assistenti sociali della Toscana, Rosa Barone. “L’obiettivo, in questa nuova fase, è giungere a un PUA ,acronimo di Punto Unico di Assistenza, perfettamente funzionale. Un uncico Punto che vuole dire un’Unica Porta di Accesso. Una nuova fase che parte da un lungo e difficile periodo in cui le strutture sociali non hanno visto investimenti e in cui ci siamo voluti dimenticare che esistono le vulnerabilità, le fragilità delle persone, problemi sociali strutturati che conosciamo tutti, dalla denatalità all’invecchiamento della popolazione, se non adeguatamente sostenute. La povertà educativa delle fasce dell’infanzia e giovanili, la vulnerabilità che espone tantissme persone al rischio di cadere nella spirale della povertà, anche se lavorano. Uno scenario dunque in cui i bisogni si sono moltiplicati, sono aumentati e a ci ha corrisposto vent’anni di latitanza di elaborazione di politiche sociali. Oggi, abbiamo l’opportunità, con i Leps (i livelli essenziali di prestazione, che segnano il fatto che anche nel campo del Sociale, come in Sanità, i cittadini hanno il diritto di raggiungere quel livello determinato di prestazione). Nel Rapporto, si evidenzia che la Toscana, pur in un sistema non totalmente omogeneo, sta “bene” dentro questi Livelli delle prestazioni, soprattutto su alcuni: ad esempio, il rapporto degli assistenti toscani, uno su conquemila, è abbastanza vicino al rapporto previsto ottimale. Ma ci sono molte differenze alll’interno degli ambiti”.
Il lavoro, curato dall’Osservatorio Sociale Regionale, oltre a offrire una dettagliata fotografia statistica del settore, evidenzia l’attività svolta in Toscana per garantire pari opportunità a tutti i cittadini (i summenzionali Leps), presenta varie esperienze realizzate dai dipartimenti dei servizi sociali nei territori toscani, mettendo in evidenza alcuni interventi innovativi, come il progetto Seus, servizio di emergenza urgenza sociale, attivo sperimentalmente da cinque anni, che permette di fronteggiare h24 le situazioni gravi e improvvise sotto il profilo sociale.
“Abbiamo capito, in questi vent’anni, che dare soldi ai cittadini, da soli non basta per risolvere problemi di accompganamento nei percorsi, ovvero restituire capacità ai cittadini , empowerement, ovvero la capacità di procedere autonomamente”, conclude Barone.
Alla tavola rotonda erano presenti, tra gli altri, il Presidente dell’Ordine nazionale degli assistenti sociali Gianmario Gazzi e il Dirigente del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Renato Sampogna, oltre alla presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali regionale.
Il senso della presentazione odierna è stato espresso dall’assessora regionale alle politiche sociali. “Il rapporto – ha commentato Spinelli- è un prezioso strumento per analizzare il sistema dei servizi sociali e verificarne le trasformazioni. Come Regione Toscana stiamo lavorando per un costante sviluppo delle politiche di inclusione, fondate sul superamento di una logica assistenzialistica e riparativa per mettere sempre più al centro la persona e le comunità. Chi ricorre ai servizi per affrontare le sue fragilità deve essere considerato non solo come destinatario passivo di interventi, ma come soggetto attivo titolare di diritti e di un progetto di vita personale, all’interno di un percorso di presa in cura complessiva, nel quale vengano attivate e messe in rete tutte le risorse presenti sul territorio”.
Un focus del rapporto, curato direttamente dall’Ordine regionale degli assistenti sociali, è dedicato a un tema di grave attualità: quello delle violenze e aggressioni subite dagli assistenti sociali in Toscana. Dal campione interpellato emerge che, nel corso delle loro esperienza lavorativa 9 su 10 hanno subito una qualche forma di violenza e ben il 35,8% dichiara di aver temuto per la propria incolumità o quella di un familiare, a causa del proprio lavoro. Un fenomeno che resta ancora per lo più sommerso, a causa di un basso tasso di denuncia dovuto principalmente a tre fattori: la sfiducia nella loro efficacia, il senso di fallimento professionale e la paura di rovinare il rapporto con l’assistito.
“Da questi dati – sottolinea Serena Spinelli – emerge in tutta la sua gravità un fenomeno preoccupante, segnale evidente anche di una tensione sociale che negli ultimi tempi è cresciuta ulteriormente. L’assistente sociale, spesso giovane e donna, è il primo punto di accesso al sistema dei servizi e opera in prima linea per fronteggiare bisogni e disagi sempre più urgenti e complessi”.
I numeri del rapporto
I dati ci mostrano una crescita numerica complessiva del comparto rispetto al dato del 2020: in aumento gli assistenti sociali (1.298 rispetto ai 1.156 del 2020), gli educatori (1.679 rispetto a 1.260), gli psicologi (177 rispetto a 125), gli operatori del servizio sociale contrattualizzati (3.109 rispetto a 2.427). Il numero totale è di 6.640 rispetto ai 5.252 del 2020. In tutti questi ambiti vi è una prevalenza del genere femminile.
Tra gli assistenti sociali in crescita il personale dipendente rispetto a quello esternalizzato (che scende dal 22 al 14%) grazie ai contributi pubblici destinati al potenziamento del servizio.
Rispetto ai principali ambiti lavorativi, in quasi tutti gli ambiti territoriali sono attivi questi servizi: Servizio sociale professionale, integrazione al reddito, sostegno socio educativo territoriale e domiciliare, mediazione culturale, assistenza domiciliare socio assistenziale.
La media degli utenti del Servizio sociale professionale in Toscana si attesta sui 39,3 ogni 1.000 abitanti.