Senza fissa dimora, Spinelli: “Fare più rete per andare oltre l’emergenza”

Firenze – Senza fissa dimora, clochard, sempre dello stesso problema si tratta. Una massa, indefinita per sua stessa natura, di persone che per scelta o necessità, sempre più per quest’ultimo motivo, vivono per strada. Il tema è stato al centro di un importante convegno organizzato dalla Regione Toscana la scorsa settimana. Abbiamo contattato, per fare il punto della situazione, l’assessora regionale al welfare e politiche abitative Serena Spinelli. 

Senza dimora, un problema emergente che sembra si stia allargando anche in Toscana. Quali sono i numeri del fenomeno in regione e quali i motivi più significativi che spingono le persone in questa condizione?

“Il numero effettivo delle persone senza dimora è difficile da stabilire per la natura stessa del fenomeno, che sfugge alle rilevazioni. Il dato del Censimento permanente della popolazione “senza fissa dimora”, effettuato da ISTAT nel 2021, considera le persone iscritte in anagrafe presso la residenza fittizia o l’indirizzo di un’associazione. In Toscana ci sono 4.450 persone in questa situazione: 68,2% maschi e 31,8% femmine. Firenze è la provincia con maggior concentrazione (32,3%), seguita da Livorno (14,5%) e Pisa (12,2%). Non rientrano però in questa rilevazione le persone che non hanno la residenza fittizia, pertanto il numero effettivo è certamente maggiore.

Riguardo alle motivazioni, le storie e le esperienze dei senza dimora sono estremamente varie, anche se segnate da elementi talvolta simili. Può trattarsi di percorsi di migrazione, situazioni di grave criticità lavorative, personali e relazionali, conseguenze di povertà, dipendenze, malattie, ma anche “semplicemente” la perdita della casa, evento traumatico che mette in crisi la vita e la stessa identità. 

Tutte queste storie vanno raccolte e ascoltate, non possono essere trattate con un modello univoco, vanno piuttosto costruiti percorsi insieme alle persone, affinché possano ricostruire il proprio progetto di vita”. 

Nel convegno organizzato dalla Regione sono emersi nuovi profili di intervento?

“Per prima cosa vogliamo andare oltre un approccio emergenziale, lavorando sul rafforzamento dei percorsi territoriali per fornire nuove opportunità di inclusione e reinserimento sociale. Perché tutti in cittadini hanno gli stessi diritti, ma le persone senza fissa dimora spesso non riescono ad esercitarli, in particolare quando si parla di diritti  di cittadinanza, alla salute e all’abitazione

Dal 2017 è attivo il progetto della “Rete regionale per l’inclusione delle persone senza dimora”, che vede la Regione Toscana come capofila, in collaborazione con Anci Toscana  e la Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD). L’obiettivo è quello di rafforzare sempre più questa rete. Proprio nell’ambito del convegno i gruppi di lavoro hanno evidenziato alcune azioni da intraprendere, tra cui la formazione degli operatori specifica per la marginalità, la creazione di più punti di accesso ai servizi e una maggiore diffusione della loro conoscenza. Sul fronte abitativo l’idea è quella di favorire la coabitazione, come opportunità per sperimentare l’uscita dalle strutture e rendere più sostenibile un eventuale affitto. Il tutto sempre costruendo percorsi non standardizzati ma capaci di mettere al centro la persona, le sue fragilità ma anche le sue risorse e potenzialità. Una maggiore collaborazione con tribunali e uffici giudiziari, infine, potrà consentire di prevenire le ricadute in termini di marginalità sociale degli sfratti. 

Una delle criticità maggiori nelle vicende personali del senza dimora è la non intercettazione della propria esistenza da parte delle istituzioni pubbliche. Il problema (mancanza di assistenza sanitaria, nessun accesso ad aiuti sociali, nessun accesso all’istruzione, al diritto di voto, al lavoro) è fortemente legato al riconoscimento della residenza in un dato Comune. Quali strumenti pensate di mettere in atto per avere una fotografia il più possibile chiara della situazione?

“L’iscrizione anagrafica in un Comune è la porta di accesso per ogni altro diritto, servizio e prestazione pubblica sul territorio nazionale. E’ dunque fondamentale operare per rimuovere le barriere che impediscono o possono impedire ai senza dimora l’accesso a diritti fondamentali. 

Il Piano nazionale di contrasto alla povertà ha previsto una scheda specifica per implementare i servizi per l’accesso alla residenza anagrafica, definita come un livello essenziale delle prestazioni sociali (LEPS). Nell’atto di programmazione regionale per gli interventi di contrasto alla povertà, approvato l’anno scorso, l’obiettivo specifico “Accessibilità ai diritti esigibili”, riguarda proprio la residenza per i senza dimora.

In quanto LEPS deve essere garantito in ogni Comune e questo implica un rafforzamento del lavoro di rete, tra gli enti locali e gli altri soggetti pubblici e con il privato sociale, per aiutare le persone senza dimora nel percorso di definizione della residenza anagrafica e indirizzarli verso i servizi territoriali. Pensiamo a una rete che includa i servizi sociali e sanitari territoriali, il terzo settore, il pronto intervento sociale, le unità di strada, i centri servizi per senza dimora, per rafforzare la capacità di intercettare le persone che non sono ancora note ai servizi e i nostri strumenti per favorire il reinserimento sociale”. 

Il concetto “prima la casa”, che è di origine anglosassone in riguardo alla miriade di senza dimora che vantano in particolare gli States, lega indissolubilmente lo status del senza dimora alla questione abitativa. Questione sempre emergenziale anche in Toscana. In che modo la casa diventa la prima mattonella da mettere per tornare a godere di autonomia esistenziale? Quali provvedimenti pensate di prendere per venire incontro a questo principio fondamentale?

“Il modello di intervento Housing first, previsto anche dal Pnnr nell’ambito della Missione 5 “Inclusione e coesione”, si fonda sul principio che la casa è un diritto primario. Questo approccio prevede che i percorsi di autonomia delle persone senza dimora prendano avvio dall’accesso alla casa, con un accompagnamento dei servizi orientato al reinserimento sociale e all’ottenimento di un benessere soggettivo: al centro del modello viene messa la persona e la sua autodeterminazione. E anche in questo caso è necessaria la presenza di un’equipe multidisciplinare che accompagni il percorso. 

La Toscana ha avviato una sperimentazione della metodologia housing first e housing led, prevedendo un obiettivo specifico nell’atto di programmazione regionale di contrasto alla povertà già citato. Le sperimentazioni in corso stanno dimostrando come questo modello sia di particolare efficacia per lo sviluppo di autonomia e di risposta ai diritti fondamentali. Va comunque ribadito che questo strumento si rivolge a persone in condizioni di fragilità, come quelle senza dimora, per la realizzazione di un percorso individuale verso l’autonomia. La soluzione abitativa viene infatti affiancata da un progetto individualizzato, volto al rafforzamento delle risorse del singolo o del nucleo familiare, per agevolare la l’uscita dal circuito dell’accoglienza e favorire l’accesso strutturale ai diritti fondamentali e di cittadinanza”.

 

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