Se oscurassero anche la Rai. Lezione ateniese

Quello che è avvenuto all’Ert in Grecia, l’equivalente della nostra Rai, è incredibile. Pur con un peggior rapporto tra perdite e dipendenti, la tv pubblica della patria della filosofia, è stata oscurata per decreto, con la polizia inviata a presidiare i ripetitori. Un golpe mediatico, un blitz da colonnelli degno di scenari sudamericani. Il motivo? Ufficialmente un baraccone spremi-soldi senza speranza alcuna di riconvertire il mercato a suo favore. Naturalmente è stato un sollevarsi di voci indignate gridanti all’attentato alla libertà dell’informazione e al pluralismo televisivo. Se a condizione dovesse seguire altrettanta reazione, cosa resterebbe in piedi almeno nel sud Europa?

Accadesse qualcosa di simile alla nostra Mammona Rai, siamo sicuri che il popolo italiano si riverserebbe in piazza a piangere per l’improvvisa assenza delle interrogative indirette di Fazio, le generose poppe al pepe nero della Clerici e gli sguardi piacioni ed ammiccanti di Max Giletti? Siamo proprio certi che la scomparsa della tv ammiraglia coinciderebbe con uno smacco epocale alla cultura? La Rai al tempo che fu, contribuì non poco all’alfabetizzazione dei sudditi e alla formazione di un embrionale immaginario collettivo. Ma oggi cosa resta di un presunto servizio pubblico? 250 milioni di euro in rosso nel bilancio 2012 (che il montiano Luigi Gubitosi promise di risanare rimangiandosi ben presto l’annuncio), circa 13300 dipendenti, 43 direttori, tre reti generaliste, dodici canali telematici, la sterminata testate giornalistica regionale, dieci radio più tutte quelle regionali. Un baraccone immenso dove mai all’orizzonte si sono visti tagli, risparmi, razionalizzazioni, gestione sensata. Per non parlare della qualità. Il cui livello ha ben presto superato in becerume le un tempo nascenti reti commerciali berlusconiane, tutte tette e sorrisini idoti.

Impossibile parlare di austerity in Rai, o accennare soltanto alla revisione di bonus e benefit: i nostri canali di Stato infatti sono lo specchio di quel Parlamento che nomina i vertici di viale Mazzini. Qualsiasi altra impresa gestita come questa, avrebbe già terminato i suoi giorni da quel dì. Eppure Mammona Rai è ancora lì, a ricordarci come sia civile e utile pagare il canone (ovvero la tassa tv), come un bonario pachiderma ben lungi dall’adagiarsi in quel cimitero degli elefanti per cui invece molti teleutenti proverebbero sollievo. In Francia, Spagna e Inghilterra hanno già dato mano a piani di dimagrimento in tempi non sospetti. In Rai non ci pensano nemmeno, in tempi sospettissimi. Tanto paga Pantalone. Atene val bene una messa…in onda

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