Se la montagna non va da Maometto, il vescovo va dall’imam

Incontro “ecumenico” tra il vescovo di Reggio Emilia ed un imam locale, lo stesso però autore di un’agghiacciante intervista dopo i fatti del 7 ottobre. E scoppiano le polemiche

Bene ha fatto il Vescovo della diocesi reggiano-guastallese Giacomo Morandi a recarsi in visita di preghiera dall’imam della moschea di via Piccard, tal Saad Hassan Wagih, contro cui già tuonò una decade fa l’allora presidente provinciale Sonia Masini perché non spiaccicava una parola, dicasi una d’italiano e che oggi fa altrettanto, ovvero non biascica una mezza frase nella lingua corrente del Paese che lo ospita da decenni? Esattamente da 23 anni? Bene avrebbe fatto diciamo così.

L’incontro “ecumenico” a casa dell’imam

Il condizionale è d’obbligo perché l’autoproclamatosi leader islamico reggiano (sapete no che per i capi religiosi mussulmani non è come per il clero cattolico, nominato per natura ordinistica, da quelle parti vige la regola più o meno dell’autoproclamazione) è lo stesso che poche settimane prima aveva rilasciato un’agghiacciante intervista a Telereggio in cui sostanzialmente sosteneva (prima dell’invasione israeliana della Striscia di Gaza) tra le altre cose, che i media stavano esagerando sui fatti del 7 ottobre 2023 (già definita dagli storici “la seconda Shoah), definendole “bugie” senza prove, paragonando sostanzialmente i moti di reazione (dunque anche quelli dei tagliagole di Hamas) alle azioni liberatrice dei nostri partigiani. Inanellando insomma una serie di bestialità dialettiche espresse più coi silenzi ed i giri di parole (il controverso linguaggio non verbale) per evitare di affermare direttamente ciò che parrebbe pensare nel profondo del cuore.

Dunque, bene avrebbe fatto il vescovo Morandi se l’occasione fosse stata utile per un chiarimento sul pensiero dell’imam di via Piccard, laddove distinguere tra antisionismo ed antisemitismo è questione di lana caprina per filologi dei prefissi. Sul fatto che sarebbe necessario imparasse l’italiano e predicasse in moschea in quella lingua onde fugare eventuali dubbi sui contenuti delle sue imperdibili omelie (dubbi sui cui contenuti che non sfiorano minimamente l’estensore del presente articolo) ed altre varie amenità di questo tenore all’ordine del giorno sul tavolo del confronto. Non crediamo però sia andata propriamente così. Magari il vescovo Morandi dovrebbe pure rivedere alcuni meccanismi diplomatici interni alla curia prima di annotarsi le date sulla sua agenda. In questo caso c’è stata qualche falla evidente. Anche perché, ma si tratta solo di un vago ricordo di studi giovanili, al sottoscritto risulterebbe che le radici del cristianesimo siano da rintracciare piuttosto nell’ebraismo che da altre parti. “Fratelli maggiori nella fede”, avrebbe detto un altro leader…ah sì Papa Francesco.

E perché nel frattempo una terrificante ondata antisemita (la madre di tutti i razzismi) sta attraversando l’Europa, da Parigi a Londra a Roma, con orde di sedicenti filopalestinesi (che non condannano per niente le stragi di Hamas), molti dei quali ormai dichiaratamente anti-israeliani e nelle cui piazze (cuore dell’Occidente) risuonano quegli “Allah u Akbar” al cui stesso grido i terroristi islamici sono entrati nei kibbuz a sgozzare i neonati. Caccia all’ebreo e stelle di David sulle porte. Avanti tutta così, manifestiamo pure contro noi stessi e le fondamenta dei nostri valori verso un gigantesco suicidio collettivo della democrazia.

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