Prato – Non c’è pace sotto il ciel operoso di Prato. I pratesi e i cinesi, così diversi ma anche così uguali (per spirito di sacrificio, tradizione industriale e voglia di emergere) sembrano ancora non riuscire a trovare il giusto equilibrio per convivere gli uni accanto gli altri. Questa volta il casus belli è scaturito per colpa di una (mancata) festa che doveva ripetersi là dove gli animi più facilmente si scaldano e si agitano, ovvero al Macrolotto Zero, la Chinatown pratese, che l’anno precedente è stata il palcoscenico colorato della Festa delle Luci: un modo per dire, da parte di tutti, amministrazione e cittadini italiani e cinesi, che il quartiere simbolo del cambiamento sociale e urbano innescato venti anni fa dall’arrivo dei primi lavoratori cinesi, non era solo quello che era. No, non era solo il quartiere “ghetto”, ma un modo di vivere. Insieme. Più difficile e impegnativo, ma che insomma il futuro poteva essere roseo se tutti insieme fossimo andati nella stessa direzione. E quelle lanterne, simbolo della festa, lanciate a scaldare il cielo buio della notte ancora fredda sembravano tante lucciole, identiche a quelle che a giugno annunciano festose l’arrivo dell’estate. Sembrava fatta. Dopo vent’anni di rigore invernale, di incomprensioni, malumori, proteste, affitti e lavoro in nero, sembrava che la pace sociale fosse alle porte. L’estate della convivenza serena era finalmente in arrivo.
Così non è stato. Quest’anno niente Festa delle Luci al Macrolotto. Contrordine compagni. Le lanternine non c’incantano mica, e neanche le vostre scope colorate portate qui per ripulire simbolicamente il quartiere. E poi diciamolo: qui il clima è ancora piuttosto autunnale.
Secondo gli ultimi dati del Centro Studi della Confindustria Toscana Nord, riferiti al 2016, emerge infatti un quadro pieno di ombre, e con solo qualche flebile luce: si registra una flessione dello 0,6%, dato peggiore sia rispetto al dato nazionale (+0,2%) sia al resto dell’area vasta Lucca, Pistoia e Prato (-0,3%). “Il settore ancora centrale nel distretto pratese, il tessile, arretra sensibilmente, ma presenta al suo interno risultati diversi dovuti alla sua eterogeneità” commenta Andrea Cavicchi, presidente di Confindustria Toscana Nord. Insomma, generalmente per il tessile va maluccio anche se per qualcuno va un po’ meglio.
L’estate, se mai arriverà, non è certo dietro l’angolo. Perché qui a Prato, più che in qualsiasi altra città italiana, l’umore dei cittadini si misura a suon di punti percentuali sui filati, i cardani e le stoffe.
A metà gennaio è suonato anche l’allarme della Cgil: “Prato non è la capitale della logistica e della distribuzione della moda, ma del lavoro illegale che colpisce lavoratori cinesi e non, ed ora mina anche le condizioni dei lavoratori italiani”, ha tuonato Massimiliano Brezzo, segretario dei lavoratori tessili della Cgil pratese- “Si tratta di una situazione che fa di una buona parte delle città un sistema produttivo illegale che ora sta coinvolgendo anche gli italiani. Molti di questi, – ha proseguito Bezzo- licenziati per la chiusura delle aziende, si ritrovano dipendenti di ditte straniere e a lavorare nelle condizioni che stiamo denunciando, ovvero sono ormai fuori da ogni limite”.
Ma se l’allarme dal mondo del lavoro è risuonato a metà gennaio, già da prima la politica aveva deciso che quella festa “non s’ha da fare”.
Tra due anni ci sono le elezioni. I cinesi mica votano, gli italiani inviperiti sì. I politici seri non fanno i conti con le lanterne, ma con le urne. E poi i cinesi non hanno nemmeno capito come si fa la raccolta differenziata. A dirlo, senza alcun giro di parole e senza imbarazzo, l’assessore all’ambiente Filippo Alessi: “Quell’iniziativa (della Festa delle Luci, ndr) c’era piaciuta e la si può replicare solo se vengono condivise le regole dalla comunità cinese, nello specifico il rispetto della raccolta differenziata appena partita nel Macrolotto Zero. Il passaggio al porta a porta è un test cruciale per il quartiere”. A poco sono valse le proteste sollevate dall’intellighenzia pratese (con sociologi e antropologi in prima fila) espresse anche in una lettera indirizzata all’amministrazione (di sinistra), il Comune si è dimostrato irremovibile.
Risulta tuttavia difficile capire come si possa mettere sullo stesso piano la raccolta differenziata con una “festa di quartiere”, simbolica e dall’intento inclusivo. Le ragioni di chi ci abita, espresse dal Comitato del Macrolotto Zero, capitanate da Bruno Gualtireri, sono forse comprensibili ma altra cosa è condividerle. Soprattutto se la condivisione, da parte della politica, è silenziosa e solo ipotizzabile. Saranno state le proteste del Comitato a convincere il Comune a non replicare la Festa delle Luci? E’ lecito ipotizzarlo, nonostante le smentite. A parte questo, la dimensione ancora eccessivamente provinciale di questo paesone che è Prato, catapultata contro la sua volontà nei libri di economia distrettuale di mezzo mondo come “caso da studiare”, non permette ai suoi rappresentanti politici di fare un mezzo passo oltre la lunghezza del loro naso.
Ma forse, chi lo sa, tra due anni potranno ben dire di aver fatto la scelta giusta, e chi se ne frega di queste quattro lanternine fatte volare lassù nel ciel dell’avvenir. Forse hanno fiutato bene il malcontento diffuso, anche tra chi non abita nella Chinatown. Per gli altri, gli irremovibili dell’inclusione, non resta che accontentarsi di una festicciola organizzata in fretta e furia da chi crede che il percorso di dialogo intrapreso con la comunità cinese non possa cedere sotto il peso di qualche sacco della spazzatura lasciato per strada.
Eccoci dunque passare dalla Festa delle Luci a Luci sulla Festa, sabato 11 febbraio e domenica 12 dalle ore 18, in via Firenzuola 8: “una vetrina sulla Prato inclusiva” come spiegano gli organizzatori “per riflettere sull’opportunità o meno di replicare la Festa delle Luci, da organizzare nella maniera più condivisa possibile”. Musica, dialoghi e dibattiti tra cui spuntano i nomi di Marco Wong e Massimo Bressan (antropologo e presidente Iris) e il sostegno della CNA di Prato, il cui vicepresidente è il cinese Wang Liping.
Attenzione, insomma, non tutto il mondo che lavora “pulito” sta dalla parte della spazzatura. Pardon, della raccolta differenziata.