Recitato come un mantra alla vigilia delle elezioni lo “spauracchio” (per chi poi?) astensionismo si è rivelato ectoplasma dalla ingombrante corporeità. D’altronde i tentativi di riforme elettorali in atto stanno andando tutti nella direzione di far fronte a qualsiasi risultato emergente dalle urne. Nei termini dei suoi frequentatori. Lo “spauracchio” non si capisce per chi dovrebbe essere tale: non certo per chi non va a votare per precisa volontà un po’ schifata, nemmeno per chi viene eletto (e dai suoi elettori) e premiato da risultati al limite del ridicolo in termini numerici e come tali di rappresentatività. Che tanto gli emolumenti non sono proporzionali alle preferenze. Se qualcuno legasse al concetto di democrazia effettiva la percentuale di chi si reca alle urne, avrebbe il dovere di dimettersi prima ancora dell’ufficialità di vittoria.
Al netto delle urne quanto mai cinerarie, il Pd e semi-inconsistenti sodali si trova a governare una Regione (il cui senso e utilità ontologiche è peraltro oggetto di dibatto istituzionale e politologico) in nome del 16% circa dei suoi cittadini. Ovvero ha votato Stefano Bonaccini e compagnia un elettore e mezzo su dieci. Pensiamo la colpa sia da imputare solo a vibratori, bollette, convegni, viaggi e cenette di cui hanno “goduto” i passati consiglieri e fatte pagare alla pubblica comunità?
E qui torniamo al rosario (inteso come concatenazione orante di palline mariane) che andiamo menando sul nostro 7per24 fin dal suo primo (straziante) vagito: il recupero di credibilità politica della classe dirigente agli occhi dell’opinione pubblica passerà solo e soltanto attraverso esempi personali di rigida (e cristiana) austerità. Come la gratuità del servizio politico che (in modo inversamente proporzionale rispetto al settore privato) è sinonimo di selezione al rialzo. E’ giusto che i consiglieri regionali percepiscano uno stipendio invidiabile? Che assessori e altre nomine politiche si intaschino emolumenti che li mette e della grossa al riparo dai rischi della vita e della professione? Domande che buttiamo lì e a cui difficilmente risponderanno i “vincitori” di questa tornata elettorale che suona da requiem per la sovranità popolare.