Turiddo Campaini, presidente del consiglio di sorveglianza interviene nel dibattito che accompagna l’entrata in vigore del decreto Monti sulla liberalizzazione del commercio, appoggiando la posizione del governatore toscano Enrico Rossi, che ha annunciato ricorso alla Consulta.
«Premetto che sono un “tifoso” del nuovo premier – ha voluto sottolineare Campaini – ma non rinuncio a dire ciò che non condivido della sua politica: sul versante degli orari e delle aperture dei negozi il “professore” sbaglia». Quello che meraviglia in senso negativo, prosegue Campaini, è che la deregulation del commercio è vista come emblema delle liberalizzazioni nel nostro paese.
Due in particolare i motivi di dissenso. «Abbiamo indiscutibilmente bisogno di rendere più duttili e flessibili le attività economiche e professionali. Ma la liberalizzazione non è la panacea di tutti i mali: la regola non può essere l’assenza di regole. L’alternativa non può essere fra due opposti: o tutto “liberalizzato”, o tutto “compresso”». In particolare, la regolamentazione delle aperture deve essere fatta in modo elastico, in modo tale che differenti esigenze territoriali vengano rispettate, ma è necessario stabilire principi chiari: «questo è un aspetto su cui devono intervenire le singole Regioni che, più dello Stato, hanno il polso del territorio».
«L’assenza di regole comporterà un aumento dei costi di distribuzione». Certo, fornirà un servizio supplementare, ma «i maggiori costi saranno inevitabilmente trasferiti si prezzi di vendita. Risultato? Gli aggravi andranno a colpire soprattutto coloro che non hanno né voglia né soldi per fare la spesa “notturna”, come i pensionati». E il pericolo è che gli operatori che approfitteranno della liberalizzazione «siano anche quelli che fanno un uso più “disinvolto” della forza lavoro».
C’è poi un secondo motivo di dissenso con la politica di deregulation promossa dal Governo Monti. «Noi sosteniamo da tempo che la crisi che oggi stiamo vivendo trova le sue radici in un decadimento culturale della nostra società. Per reagire, tutti quanti dobbiamo contribuire ad un recupero di valori. In un momento in cui il reddito disponibile si sta contraendo, proporre una politica di liberalizzazione contribuisce a perpetuare quel consumismo che ci ha portato fin qui».
«Finisco con un termine: sobrietà. A questo concetto più volte richiamato anche dal nostro attuale premier, devono però corrispondere comportamenti coerenti. Bisogna ripensare modelli e stili di vita». Questa crisi segna un passaggio epocale: «Da una fase in cui hanno prevalso i falsi sogni irrealizzabili, ad una in cui finalmente prevalga la concretezza e la realizzabilità di un nuovo stile di vita collettivo».