Sono due, le proposte di legge presentate in Consiglio regionale per una riforma del sistema sociosanitario con il superamento delle Società della salute e la valorizzazione dei Comuni. Abbiamo chiesto a Simone Naldoni primo firmatario delle due proposte presentate e membro della Commissione Sanità e Politiche sociali cosa comporterà questa riorganizzazione, e quanto peserà sul futuro "sanitario" dei toscani
La proposta nasce da esigenze di risparmio o di maggiore funzionalità?
"Le SdS non hanno costi di struttura. Infatti né i Presidenti né i membri della giunta percepiscono indennità aggiuntive e il Direttore è un dipendente della ASL in aspettativa, nella pressoché totalità dei casi. Il personale viene fornito dagli Enti consorziati, ASL e Comuni. La necessità di riformare le leggi toscane di settore quindi, è dipesa oltre che dal mutato quadro epidemiologico e socio economico,dai profondi cambiamenti che il legislatore nazionale ha portato in termini di federalismo municipale e dai tagli ai fondi sociale e sanitario, che impongono una rinnovato governo del sistema, per non disperdere quanto di buono fatto in termini di integrazione socio-sanitaria".
Quali competenze assumeranno i Comuni?
"I comuni si sono visti assegnare dal Governo nazionale la funzione fondamentale del sociale (insieme ovviamente ad altre), che deve essere gestito insieme ad altri Enti se il comune è piccolo, o da soli in caso di Comuni di dimensioni superiori ai 5000 abitanti (3000 in caso di comuni montani). L’obbligatorietà di questa funzione esclusiva porta i Comuni a doversi organizzare in tempi brevi per adempiere al dettato normativo nazionale pena sanzioni severe. Questo provoca alcuni problemi all’integrazione socio sanitaria che con le nuove leggi intendiamo superare".
Si tratta di fronteggiare i nuovi bisogni in materia socio assistenziale?
"Sappiamo che i nuovi bisogni di salute sono relativi soprattutto alle malattie croniche, che vanno seguite a livello territoriale, cioè strutturando al meglio l’integrazione socio sanitaria fra Medici di famiglia e altre importanti professioni sanitarie con le professioni sociali e gli enti locali. Per questo il modello di Casa della Salute può essere la risposta giusta, attenzione però: non incappiamo nell’errore di confondere queste ultime con le SdS".
Quale ruolo per il terzo settore?
"Il terzo settore ha un ruolo rilevantissimo; dobbiamo considerare che il terzo settore però non può essere visto solo come un fornitore di servizi, ma deve diventare fino in fondo partner del sistema pubblico. Per far questo occorre che le imprese che costituiscono il terzo settore si organizzino per crescere e consolidarsi e che il pubblico le coinvolga pienamente nell’intero ciclo di programmazione e non solo nella fase finale di erogazione della prestazione".
Il terzo settore oltre che nella gestione dei servizi può avere un ruolo anche a livello di analisi dei bisogni e di programmazione?
"Certamente. Insieme al volontariato le imprese sociali costituiscono un grande bacino di informazioni, dati, analisi, raccolta di bisogni, che può e deve essere messo a disposizione del decisore pubblico, al fine di assumere in modo più consapevole le determinazioni necessarie a indirizzare le risorse verso il bisogno vero e prioritario; in un’ottica di partnership e di pieno coinvolgimento".
Si può prevedere una presenza del terzo settore nella conferenza di programmazione socio-sanitaria?
"Bisogna stare molto attenti a non confondere i ruoli. Nelle proposte di legge delle quali sono il primo firmatario, volontariato e terzo settore hanno un ruolo centrale e sono presenti nei vari gangli della governance locale, sulla scia delle belle esperienze maturate in questi anni. Nella conferenza regionale socio sanitaria però Regione ed Enti Locali sono chiamati ad assumere decisioni rilevanti in ordine al riparto di fondi verso i territori, che richiedono una legittimazione democratica di tipo istituzionale. Si potrebbe pensare però ad una presenza senza diritto di voto, da far scattare in occasione di alcune decisioni".