Scuola, il rapporto Invalsi: Nord e Sud sempre più distanti nei rendimenti

Le performance migliori alle primarie. Bene inglese e matematica
Portrait of a group of friends talking in the street after class.

La scuola in numeri. Ce la racconta ogni anno l’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) nel tentativo di capire se, quanto e come gli studenti italiani apprendono e di conseguenza quanto valgono i loro insegnanti. Insomma è una specie di cartella clinica sullo stato di salute della nostra scuola.

Quest’anno il quadro in generale è migliorato rispetto al 2023 ma siamo ancora al di sotto dei livelli prepandemia, il che continua a parlarci dei danni enormi provocati dal Covid soprattutto sui ragazzi.

Le prove hanno riguardato due milioni e 445 mila studenti, dalla scuola primaria (seconda e quinta elementare), alla terza media, alla seconda e quinta classe della scuola superiore.

Il risultato migliore: la dispersione scolastica implicita (quando non si raggiungono le competenze coerenti con il livello di studio) è ai minimi storici, 6,6%. Solo Campania e Sardegna restano al 10%. Eravamo oltre il 25% all’inizio del secolo, al 10,5% nel 2023, al 7,5% nel 2019. E si presume in calo per il 2024 anche l’abbandono scolastico, cioè la dispersione esplicita, con uno studio Invalsi che la dà al 9,4%. Già nel 2023 era scesa al 10,5% rispetto all’11,2 del 2022. E il ministro Valditara che ha presentato il rapporto alla Camera l’11 luglio scorso, parla di “dati clamorosi” su questo punto.

Il risultato peggiore: Nord e Sud sempre più distanti anche nei rendimenti scolastici, 20 punti percentuali di differenza. Il 66% dei ragazzi delle quinte classi superiori del Nord hanno una conoscenza suffciente dell’italiano, al Sud solo il 45,2%. Con la matematica il divario si amplia ulteriormente, 66% contro 40%.

Un’altra novità negativa è però che, al netto delle differenze territoriali, in media calano le percentuali del rendimento in italiano nella scuola superiore, soprattutto al Centro Nord: un punto percentuale in meno rispetto al 2023, quattro punti in meno rispetto al 2022 e otto punti in meno rispetto al 2019. E’ il dato che preoccupa di più, lo sottolinea anche Valditara che lo ha spiegato così: “Si risente il peso dell’incidenza sempre più rilevante degli stranieri di prima generazione che non hanno una adeguata conoscenza della lingua italiana”.

Bene invece la matematica, con la soglia di accettabilità che sale di 5 punti percentuali rispetto al 2019, anche se al Sud e nelle isole solo il 39% degli studenti raggiunge il livello base, parametro che il presidente del’Invalsi Roberto Ricci, considera “allarmante”.

Infine molto bene l’inglese dove si superano i livelli prepandemia, “davvero una svolta decisiva”, commenta Valditara.

Le performance migliori si registrano alle primarie, i bambini cominciano a capire ed apprezzare la matematica, invertendo uno storico ritardo del nostro Paese, ‘malato’ di cultura umanistica. In quinta elementare la soglia di accettabilità sale di 5 punti percentuali. E fanno un salto anche in italiano dove raggiungono i livelli prepandemia con il 75%. In terza media invece gli studenti peggiorano in italiano: a livello nazionale raggiungono risultati sufficienti in questa materia il 60%, nel 2023 erano il 62%.

I maturandi, in generale, migliorano le loro performance ma ancora siamo sotto ai livelli precovid, a conferma che sugli adolescenti la pandemia ha avuto gli effetti più gravi. E sale anche al 15,1% – ripetto al 13.3 del 2023 – la quota di studenti con buoni o ottimi risultati, e qui si inverte la tendenza con il Sud che segnala più ‘eccellenze’ rispetto al Nord.

Nel complesso il ministro Valditara è soddisfatto e parla di “importante miglioramento”, soprattutto su alcuni “temi che ci hanno visto in fondo alle classifiche internazionali” e, ottimisticamente, vede “l’inizio di una svolta”. Un bel passo avanti rispetto all’anno scorso quando le sintesi giornalistiche sull’Invalsi 2023 lanciarono l’allarme che in Italia più della metà degli studenti non capisce quel che legge.

Ma gli addetti ai lavori, a partire dal sindacato della scuola Anief, pur registrando “l’inversione di tendenza in positivo” invitano alla cautela e il presidente Marcello Pacifico coglie l’occasione per ricordare che “rimane vivo il bisogno di un intervento economico importante a favore dell’istruzione pubblica, considerando che la spesa per la formazione dei nostri giovani rispetto al Pil rimane in media quasi un punto sotto quella europea”.

Lasciando i numeri e tornando alla politica, sono ancora più cauti i commenti di Save the Children che sottolineano, “nonostante alcuni segnali positivi, i divari territoriali e le forti disuguaglianze che penalizzano le opportunità di crescita e di apprendimento dei bambini e delle bambine che vivono nelle aree più svantaggiate del paese”.

Il ministro Valditara però, a parte l’Invalsi, ritiene intanto di doversi occupare di cellulari e di diari. Rivede in modo restrittivo il divieto del telefonino già stabilito nel 2007, ampliandolo anche agli usi didattici, dalle scuole d’infanzia alle scuole medie, a partire dal prossimo anno scolastico. Non solo. Elementari e medie dovranno riesumare carta e penna con l’obbligo di scrivere i compiti a mano sui vecchi diari. E la motivazione sembra più letteraria che politica: “Bisogna evitare – spiega Valditara – che gli strumenti digitali rubino il desiderio di vita. Dobbiamo riabituare i ragazzi ad avere un rapporto con la penna e la carta. Il registro elettronico serve per i genitori”. Infine una stretta sulla condotta: con un voto inferiore al 6 si boccia, a prescindere dal rendimento scolastico nelle altre materie.

Impietoso il commento della deputata Pd e vicepresidente della Camera Anna Ascani: “Gli interventi di Valditara sulla scuola lasciano sgomenti: un misto di esaltazione nostalgica del passato, di riesumazione di un sistema punitivo, di ubriacatura ideologica contro gli stranieri, una riforma complessiva che ha la missione di distruggere la scuola pubblica, proprio quando l’Invalsi certifica quanto ci sia bisogno di scuola pubblica per colmare i divari ancora presenti e forti nei territori”.

Ma il ministro Valditara aggiunge alla nostalgia del passato anche qualche fuga in avanti sulla didattica, sperimentando l’uso dell’intelligenza artificiale in alcune scuole per personalizzare la formazione attraverso ‘assistenti tecnologici’. “Si tratta- ha spiegato al convegno ‘La scuola artificiale. Età evolutiva ed evoluzione tecnologica’ – di un feedback continuo e personalizzato, utile sia agli studenti che ai docenti”.

Passato e futuro quindi sembrano al centro dell’interesse del governo nel sistema di istruzione pubblica, le emergenze del presente, con anche l’incuria sulla riqualificazione dei servizi e dell’edilizia scolastica possono ancora attendere.

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