Da noi è come Pitagora; appena si esprime, specie su tutto quanto fa dossettismi e dintorni (cuore e linfa dei cattolici in politica che contano) vale l’ipse dixit. Chi avesse mai a mente la benché minima contraddizione del suo cattolicissimo intercalare, è scomunicato ipso facto, seduta stante, espulso dai salotti bene cultural-curiali. Dalle nostre parti non esiste iniziativa di genere che non lo veda al contempo organizzatore e relatore. Altrove invece lo sbertucciano eccome e il suo fare da maestrino-manager tutto libri e digitale è additato alla critica accademica. Parliamo dell’ecclesiologo e dossettologo Alberto Melloni, reggiano dell’università Unimore, la stessa che poco tempo fa ha intitolato proprio allo scomparso monaco di Monteveglio, padre costituente ed ex vice-segretario nazionale della Dc, l’aula magna di viale Allegri.
Recentemente sul Foglio di Giuliano Ferrara, un collega del Melloni, Giovanni Tassoni lo ha messo alla berlina con epiteti poco piacevoli proprio sul suo cipiglio storiografico, definendolo “strampalato”. Casus belli una lezione del nostro professore di Storia del Cristianesimo, nonché presenzialista Rai e corsivista del Corrierone, tenuta nel novembre 2012, naturalmente dal titolo “Sul vero Dossetti”, pubblicata dalla rivista Appunti di cultura e politica. Il Tassoni, come indigeribile cedrata, imputa al Melloni la sfrenata volontà di avocare a sé, e solo a sé, la giusta e sacrosanta interpretazione del lascito di don Giuseppe Dossetti. Scomunicando tutti gli altri e le altre imprese editoriali a proposito che non lo vedano deus ex machina.
Così facendo e perseverando Alberto Melloni dal suo tribunale dell’inquisizione pro-Dossetti avrebbe “torturato” con recensioni tranchant anche i membri della famiglia religiosa fondata dallo stesso Dossetti, oltre ai curatori delle edizioni Paoline, la Civiltà cattolica e giù giù (nelle gerarchie cristiane) Leopoldo Elia, Pietro Scoppola e perfino Walter Veltroni. Nella lectio magistralis del 26 novembre ce n’è anche per i Papi Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Esiste un unico e solo custode della memoria di don Giuseppe Dossetti e guai a bussare al sacrario con domande inopportune o peggio con tesi da lui non condivise o vidimate.