Visti in dvd dalla poltrona: sconsigli per la visione, guida ai film che potete tranquillamente perdere.
Thor-The dark World, di Alan Taylor.
Top star: Anthony Hopkins, Natalie Portman.
Titolo originale: Thor: The Dark World.
USA 2013.
Genere: azione
Niente da fare, è così e basta. Chi mette in scena un sequel pretende che gli spettatori conoscano a memoria capitoli precedenti ed eventuali film…collaterali. In questo Thor II, ad esempio, non solo si fa riferimento a quanto accaduto in Thor I, ma anche a quanto successo a New York, quindi immaginiamo in “The Avengers”, anche se non ne siamo sicuri.
Ma al di là della megalomania di sceneggiatori e registi, convinti di essere seguiti da schiere di spettatori adoranti, c’è il risultato finale, puro e semplice. E “Thor-The dark world” è un brutto film, che d’altro canto non può fare i miracoli avendo a disposizione uno dei personaggi meno intriganti della Marvel. Ha poi un altro problemino questa pellicola: parla e spiega un sacco, chiamando in causa mondi, situazioni ed esseri improbabili, confinando a pochi minuti l’unica vera cosa che ci si aspetta da un film che nasce dai fumetti: azione, botte da orbi tra il buono e il cattivo.
Qui siamo in territorio fantasy, si viaggia avanti e indietro da Asgard, il regno di Chris “Thor” Hemsworth e di suo padre Odino, il guercio Anthony Hopkins, e la Terra, dove c’è la scienziata Natalie Portman che ne vorrebbe a pacchi dal biondone. Bisogna salvare qualcuno, forse.
Si capisce poco ma non è importante, ci si annoia un po’ troppo e questo è un guaio. Peccato, perché battendo maggiormente la strada di ironia e autoironia (due flash divertenti: l’allergia dello scienziato pazzo ai pantaloni e Thor costretto a prendere la metropolitana), sulla falsariga di “Iron Man 3”, per intenderci, probabilmente il risultato sarebbe stato migliore.
Per non lasciarvi senza film per la serata: da uno sconsiglio a un consiglio per la visione.
Questioni di famiglia, di Vivi Friedman.
Top star: Keith Carradine.
Titolo originale: The family tree.
USA, Australia 2011.
Genere: commedia.
Niente di nuovo, ma di comunque ben fatto. Commedia corale che gira attorno a una normale famiglia media americana, per nulla normale in realtà: marito frustrato, moglie fedifraga, figlia ribelle e figlio bigotto. Certo, “American beauty” grosso modo è la stessa idea di base e il risultato è di un’altra categoria, ma “Questioni di famiglia” si difende alla grande, per merito di alcune trovate (ne citiamo due: la moglie che perde la memoria, la telefonata durante una rapina) e di un tot di personaggi, dal prete con la passione per le armi (Keith Carradine) al ragazzo punk che è il più normale di tutti, dalla ragazza sciancata alla prof libertina. Tutti hanno segreti, tutti non sono quello che sembrano, chi nel bene, chi nel male. Il ritmo non cala (un’ora e venti e tutti a casa, bene, bravi, bis), il titolo italiano naturalmente non c’entra nulla con l’originale, che invece è strettamente collegato a una delle divertenti bizzarrie del film. A voler cercare un aspetto non particolarmente riuscito si può far riferimento a un finale un po’ troppo caciarone, ma tutto sommato il lieto fine è relativo e questo alza di parecchio il voto finale.
L’attore più conosciuto è il già citato Carradine, che tuttavia ha un ruolo di contorno. Marito, moglie e insegnante libertina, rispettivamente Dermot Mulroney, Hope Davis e Selma Blair, appartengono invece alla folta schiera dei “ma dove l’ho già visto?”.