Sconfitta la “fame d’ aria” negli infartuati

Pisa -“Fame d’ aria”, “mancanza di respiro” so no lamentati spesso dai pazienti che assumono “ticagrelor”, farmaco antiaggregante il cui utilizzo è diffuso dopo l’infarto miocardico acuto per evitare che si presenti di nuovo. Questi effetti collaterali, così fastidiosi da poter provocare la sospensione della terapia, non sono collegati alla malattia cardiaca di base e la loro causa finora era sconosciuta. Adesso ne sono state individuate le ragioni e si intravedono già nuove soluzioni terapeutiche, grazie alla scoperta dei docenti e dei ricercatori dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e della Fondazione Toscana “Gabriele Monasterio”, entrambe a Pisa.

La scoperta di Alberto Giannoni, cardiologo della “Gabriele Monasterio”, Michele Emdin, Claudio Passino, rispettivamente associato e ricercatore in malattie dell’apparato cardiovascolare al Sant’Anna, è stata ora pubblicata sulla più prestigiosa rivista medica, il “New England Journal of Medicine”.

I pazienti che assumono un farmaco antiaggregante usato di norma dopo aver subìto un infarto miocardico acuto, il “ticagrelor”, incorrono spesso (nel 15 per cento dei casi circa) in effetti collaterali che descrivono come “fame d’aria” o “mancanza di respiro”. Le cause non erano mai state individuate, ma di certo – secondo la letteratura – non erano collegati alla malattia cardiaca di base. Gli autori italiani della pubblicazione sul “New England Journal of Medicine” hanno ora dimostrato che questo effetto collaterale è provocato dalla comparsa di apnee prolungate, sino a trenta secondi consecutivi. Il sintomo è causa di frequente interruzione del trattamento, con il rischio di recidiva di infarto e gli studi precedenti avevano soltanto generato ipotesi, senza arrivare a individuarne con certezza la causa.

Secondo i ricercatori italiani, il “ticagrelor” causa apnee verosimilmente aumentando la sensibilità dei sensori centrali dell’anidride carbonica (i cosiddetti “chemocettori”) disciolta nel sangue, interrompendo così la regolarità del respiro governata dalle strutture nervose del tronco cerebrale. In seguito alla sostituzione del farmaco con un antiaggregante alternativo gli autori dello studio hanno inoltre evidenziato la reversibilità dell’effetto, con scomparsa del sintomo e delle apnee.

“Il dato pone le basi per ulteriori studi – spiegano Alberto Giannoni, Michele Emdin, Claudio Passino – che potrebbero portare alla comprensione dei meccanismi dell’alterata regolazione della ventilazione o all’identificazione di terapie specifiche per modulare la ventilazione con una ricaduta molto ampia in ambito clinico. La nostra osservazione, assolutamente originale, nasce dalla consuetudine all’osservazione clinica e alla ricerca in ambito fisiopatologico, che rappresentano la base portante della collaborazione tra l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e la cardiologia della Fondazione Toscana Monasterio”.

 

Foto: http://www.uncuoreunmondo.org

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