Firenze – Opinioni opposte per quanto riguarda il grande sciopero che ieri ha mobilitato migliaia di persone contro la buona scuola (nel caso specifico di Firenze, anche contro l’appalto dei pomeriggi delle scuole d’infanzia alle cooperative) da parte di due sindaci della nostra regione: da un lato Nogarin sindaco M5S di Livorno, dall’altro Nardella, sindaco Pd di Firenze.
“Io non concordo con le ragioni dello sciopero – dice Dario Nardella, primo cittadino di Firenze – siamo di fronte a centomila assunzioni, la scuola è di tutti non è soltanto di chi sciopera, e soprattutto questo mi sembra più un atto politico contro qualcuno che a favore della scuola”.
E dopo aver messo all’indice “l’immobilismo, la maggior malattia di questo paese”, passa alle questioni cittadine: “Lo stesso vale per Firenze, noi andiamo avanti sul nostro programma di riorganizzazione dei servizi e quindi non accettiamo le ragioni di uno sciopero quando aumentiamo i servizi, aumentiamo la qualità dei servizi nelle nostre strutture scolastiche comunali (materne e nidi), abbiamo le liste d’attesa più brevi d’Italia tra le grandi città, investiamo risorse, addirittura assumiamo anche nuovi insegnanti e diamo lavoro a insegnanti del privato sociale con un trattamento che non è assolutamente discriminatorio dal punto di vista professionale. Garantiamo un servizio gratuito perché le scuole del comune di Firenze sono gratuite e lo facciamo con i maggiori standard di qualità.La risposta a tutto questo è che i sindacati fanno sciopero legando allo sciopero sulla buona scuola. E’ un attacco che a me sembra più politico che … contro, contro le istituzioni contro di noi piuttosto che rivolto davvero a ciò che serve ai nostri bambini alle nostre famiglie”.
Posizione agli antipodi, quella di Filippo Nogarin, il sindaco 5Stelle di Livorno. Contraria non solo nella presa di posizione specifica. Scrive Nogarin su Facebook: “Oggi tanti gli insegnanti, di ogni ordine e grado, scioperano contro la#buonascuola del Governo Renzi. A loro va tutta la mia solidarietà e vicinanza perché da amministratore tocco con mano il continuo attacco allo stato sociale, in barba alla volontà popolare e, in ultima analisi, ai diritti costituzionalmente riconosciuti.
I processi di privatizzazione dei servizi pubblici, quali gestione dell’acqua, dei trasporti pubblici e dei rifiuti toccano da vicino la cittadinanza, sia come utenza, che come lavoratori e fanno scempio degli esiti referendari dei referendum 2011 perché il voto degli italiani sanciva che con l’abolizione dell’art.23bis del decreto Ronchi non ci fosse più l’obbligo a privatizzare i servizi pubblici”.