Firenze – E’ una questione che incide sullo stesso patto costitutivo della convivenza civile, secondo la Cgil, lo sciopero fiscale annunciato da Confcommercio, che riguarda le 50mila aziende toscane, chiamate alla “disobbedienza civile” per protesta contro le attuali politiche fiscali ed economiche. Ma forse, secondo il maggior sindacato italiano, le conseguenze di un tale appello, andrebbero ben al di là delle intenzioni.
A mettere nero su bianco la reazione del sindacato, ci pensa Massimiliano Bianchi, segretario generale di Filcams Cgil Firenze che rilancia a Confcommercio: “Siamo stupefatti, abbiamo rispetto per il disagio del momento ma così si rompe il patto costitutivo della convivenza civile. Allora i lavoratori, che anche loro pagano le tasse, dovrebbero evocare la rivoluzione? Basta gare a chi la spara più grossa, servono criteri selettivi per gli aiuti pubblici alle imprese”.
Insomma la crisi è più che preoccupante, anzi, dice Bianchi, “è senza dubbio la più grave crisi economica attraversata dal Paese dal dopoguerra ad oggi, e vede alcuni settori fondamentali come il commercio, il turismo ed i servizi oggettivamente esposti più di altri a difficoltà crescenti se non a veri e propri drammi. Del resto, legate alle sorti delle imprese di questi comparti ci sono ovviamente quelle dei lavoratori che rappresentiamo. Del disagio dunque non solo nutriamo profondo rispetto, ma non ci tiriamo certo indietro per tentare di comprenderlo in ogni sua possibile ragione, così come in ognuna delle sue diverse manifestazioni”.
E tuttavia, l’iniziativa di sciopero fiscale che Confcommercio Toscana ha annunciato in questi giorni ha lasciato stupefatto il sindacato. “Parlare di sciopero fiscale significa infatti, secondo noi, rompere il patto costitutivo della convivenza civile e, letteralmente, far saltare in aria l’erogazione di ogni servizio pubblico: dall’illuminazione delle nostre strade all’educazione dei nostri figli a scuola al mantenimento dei presidi sanitari e della nostra salute. Se i lavoratori dipendenti del commercio, del turismo e dei servizi (e, ovviamente, non solo loro ma tutti i lavoratori dipendenti) dovessero anch’essi esternare tutto il loro disappunto per dover continuare a pagare le tasse in tempo di crisi, peraltro anche in regime di cassa integrazione, saremmo qui ad evocare davvero la rivoluzione, con tanto di riferimenti storici, visto il noto apporto, nient’affatto trascurabile, di questi contribuenti alla fiscalità generale”.
Dunque, dal momento che qualcosa bisogna fare anche in questi tempi bui, e “i problemi non si affrontano così, facendo a gara a chi la spara più grossa”, l’appello della Cgil è di sviluppare semmai “la politica con la “P” maiuscola che si pratica con la determinazione delle idee, di ogni idea, fermo rimanendo il patto costitutivo della convivenza civile sopra richiamato. Peraltro, a proposito di idee, noi rimaniamo fermamente contrari alla distribuzione a pioggia dei finanziamenti pubblici alle imprese, convinti come siamo che gli aiuti che lo Stato eroga come prestatore di ultima istanza non possono invece che essere ispirati a criteri selettivi, alla tutela e alla qualità del lavoro, ed orientati a politiche economiche e di sviluppo finalmente sostenibili”.
Per quanto riguarda l’iniziativa di Confcommercio Toscana, coinvolgerebbe cinquantamila imprese toscane che non pagherebbero più tasse né imposte, mettendo in atto una forma di protesta a cui la categoria si sente costretta “per gli stessi motivi per i quali vi fecero ricorso in altre epoche il Mahatma Gandhi o i padri costituenti degli Stati Uniti d’America o il popolo francese durante la Rivoluzione. Per mille validissimi motivi, ultimo dei quali uno che supera e comprende tutti gli altri: le nostre aziende non hanno più risorse e preferiamo continuare a pagare prioritariamente dipendenti e fornitori rispetto ad uno Stato che non comprende, anzi calpesta, le nostre ragioni di esistere”, dice la presidente regionale Anna Lapini. “Mentre ci si prospettano ‘ristori’ spesso irrisori – prosegue – non si è ritenuto neanche di concederci la sospensione della contribuzione fiscale, non considerando che non lavorando, e quindi non incassando, non abbiamo risorse per far fronte a questi impegni”.
L’iniziativa vorrebbe anche sottolineare l’importanza di un settore che si sente ridotto a “bancomat”: prima dell’era Covid, dicono da Confcommercio, “solo in Toscana le imprese di commercio, turismo e servizi (214mila sul totale di oltre 410mila) garantivano il 75% del Pil (77 miliardi di euro) e il 64% dell’occupazione con 718mila lavoratori impiegati (dati Format Research per Confcommercio Toscana). In dieci anni, dal 2010 al 2019, erano cresciute nel complesso del +4%, contro le performance negative di agricoltura e industria. Poi, nel 2020, il brusco stop imposto dalla pandemia, che già ha portato i consumi indietro di trenta anni (in Toscana si sono perduti 2.700 euro a testa, secondo le stime Confcommercio) e che ora rischia di compromettere l’esistenza di un intero sistema imprenditoriale”.
Intanto, arriva anche la risposta del direttore della Confcommercio Toscana Franco Marinoni alle dichiarazioni del segretario provinciale della Filcams CGIL di Firenze Massimiliano Bianchi: “L’atto costitutivo della convivenza civile in Italia è la Costituzione della Repubblica, che agli articoli 39 e 40 sancisce la libertà sindacale e di sciopero, come ben sa anche la Filcams CGIL di Firenze, quindi l’esercizio di detto diritto rientra nel patto di convivenza civile come diritto di libertà. Lo sciopero fiscale è una manifestazione di dissenso e protesta legittima, quanto lo sono tutti gli scioperi indetti dalle associazioni sindacali dei lavoratori. E stupisce che a metterlo in discussione sia un’organizzazione sindacale importante come la Filcams CGIL”, prosegue il direttore di Confcommercio Toscana. “Il patto di cui parla il segretario Bianchi non lo abbiamo di certo rotto noi, tanto più che le imprese che rappresentiamo non sono emanazioni dell’alta finanza internazionale, che travolge tutto e tutti sulla base dei numeri e delle convenienze del momento, ma sono organizzazioni che mettono al centro le persone: gli imprenditori e le loro famiglie, i collaboratori, i clienti. Non solo: mettono al centro il territorio, radicandosi in un luogo e concentrando lì energie e investimenti, creando ricchezza, occupazione e benessere. È per tutelare questo sistema che abbiamo scelto la strada dello sciopero fiscale, l’unica che ci rimaneva per dimostrare l’importanza strategica delle imprese che rappresentiamo, che hanno diritto ad essere rispettate e tutelate dallo Stato, non considerate solo mucche da mungere”.
I legali cui ha fatto ricorso l’associazione hanno stilato un vero e proprio elenco contenente le tasse e imposte che potrebbero essere “sospese” nell’attuazione dello sciopero, come si legge nel sito di Confcommercio Toscana, anche se rimane indubbio che il creditore potrà fare i suoi passi con il corollario delle eventuali sanzioni:
Imposta regionale sulle attività produttive (Irap),
Imposte sul reddito delle società (Ires)
Maggiorazione IRES Società di comodo
Imposta per l’adeguamento dei principi contabili (Ias)
Imposta sostitutiva per la rivalutazione dei beni d’impresa
Tassa annuale sui registri contabili
Imposta sostitutiva imprenditori e lavoratori autonomi regime di vantaggio e regime forfetario agevolato
Contributo Ambientale Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi)
Imposte e dazi doganali
Tassa di iscrizione agli Albi professionali o all’abilitazione dell’esercizio professionali
Addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sulle aeromobili Imposta sulle riserve matematiche di assicurazione
Tasse sulle persone fisiche
Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef)
Tasse sull’istruzione Canoni su telecomunicazioni e Rai Tv
Imposte su giochi e lotterie
Imposte sui consumi di prodotti particolari
Tasse su auto e trasporti
Bollo auto
Imposte sui premi RC auto
Tasse e accise sulla benzina
Imposta provinciale di trascrizione (IPT)
Addizionale erariale tassa automobilistica per auto di potenza sup 185 kw
Tasse sulla casa e immobili
Imposta municipale propria (Imu)
Tributo per i servizi indivisibili (TASI)
Tassa smaltimento rifiuti (TARI)
Tasse sul consumo energetico.